Controcultura

Fra le illusioni non ci resta che «dimenticare»

Andrea Caterini

A cosa fa davvero riferimento il titolo dell'ultimo romanzo di Peppe Fiore, Dimenticare (Einaudi)? Siamo spinti a credere che quello che si vuole dimenticare, o rimuovere (forse «rimuovere» sarebbe il titolo giusto, se non rimandasse a qualcosa di troppo psicanalitico) sia il passato di Daniele. A partire dalla struttura del libro, che comincia con un antefatto in cui due fratelli, Daniele e Franco, rischiano la vita perché il secondo non è riuscito a pagare un debito, ci sembra di comprendere che la scrittura stessa di Fiore, il suo modo di mantenere la tensione nascosta ma presente, come ne avvertissimo costantemente la vibrazione senza mai però vederla, quasi in una calma pronta a deflagrare, faccia di tutto per cancellare le tracce di ciò che l'autore, o i suoi personaggi, ci stanno nascondendo. No, è «nascondere» il titolo più adatto al romanzo. Ma perché questa ostinazione sul titolo; questo martellamento, mentre leggiamo, sui verbi all'infinito: dimenticare, rimuovere, nascondere e, ne aggiungiamo un ultimo: fuggire? Cosa significano davvero queste azioni che non finiscono, che tornano su se stesse, dandoci l'illusione di un movimento che in realtà non è mai avvenuto?

La scelta di Daniele di allontanarsi dalla propria cittadina, Fiumicino, e andare in un paese nelle montagne dell'alto Lazio, abbandonando suo fratello Franco e suo nipote Cristiano, è il falso movimento di chi, inventandosi una vita nuova, azzerando il passato, allontanandosi dal proprio centro, non fa realmente i conti con se stesso, guardando in faccia il mostro che si porta dentro. È invece l'azione di chi ha lasciato che il tempo passasse senza prendere di petto la ferita da cui tutto è principiato. E pure quando alla fine del romanzo sappiamo cosa è davvero accaduto, che non è Franco (o non solo lui), il cattivo, il reietto della storia, abbiamo la percezione che Fiore abbia costruito un perfetto marchingegno solo per toglierci l'illusione che nella vita arriva prima o poi il momento in cui, venendo tutto a galla, le cose finalmente assumono un loro significato universale.

Piuttosto il merito di Fiore è quello di averci fatto comprendere che non sempre, nella vita, i conti tornano, che non tutti i significati, pure se svelati, ripristinano l'ordine della nostra esistenza ché l'ordine è solo l'apparente calma con cui tentiamo di sopravvivere a noi stessi.

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