Cultura e Spettacoli

Immagina "Thelma e Louise" senza i jeans... Impossibile

È in libreria «Blue de Genes», piccola storia universale del pantalone più noto al mondo, simbolo dell'abbigliamento sportivo, icona del cinema, della musica e.... dei cowboy

Metti una Harley Davidson senza i jeans... O Easy rider, senza i jeans... Metti i cercatori d'oro senza jeans.... O Thelma e Louise, senza i jeans...Metti James Dean senza jeans... Impossibile. Quasi come immaginare cosa si inforca entrando in un normalissimo paio di pantaloni blu di cotone che però, da oltre un secolo, è diventato un emblema, non solo l'abbigliamento casual per eccellenza. Tanto che sulla storia dei jeans è arrivato perfino un libro del direttore dei «Meridiani» Remo Guerrini («Bleu de Genes», Mursia, pp. 162, euro 12). Nessuno potrebbe immaginare quante scoperte si nascondono fra quelle trame di stoffa.... Già, quelle trame di stoffa.
Il cotone, in primis, cioè il materiale di questi fatidici calzoni. In origine era il fustagno poi venne appunto questo tessuto fino ad allora poco noto. Retrocediamo nella valle dei tempi, quando i tedeschi lo battezzarono (e tuttora lo chiamano così) l'«albero della lana». Era una stoffa antichissima, a scoprirla furono gli arabi che la chiamarono al-kutn: si dice che nella valle dell'Indo fosse coltivata già 5mila anni prima di Cristo. Per un paio di pantaloni ne servono sette etti, briciolo più briciolo meno. E il fustagno, come detto diretto progenitore dei jeans, era il risultato di un incrocio fra cotone nella trama e lino o canapa o tela nell'ordito. Poi dipendeva da usi e... naturalmente, costumi.
Quando il fustagno andò in crisi ad esportare tessuto rimasero tedeschi e genovesi, ma era dal capoluogo ligure che proveniva quello più pregiato. E da Genes (nome francese di Genova) a jeans, il passo oltre che la storpiatura, fu breve. Poi venne il blu, frutto di una pianta, il guado, che ha una storia lontana perché non sempre il cotone era blu e soprattutto ci fu un'epoca in cui questa era una tinta tutt'altro che nobile. Ma il jeans se ne infischiò e fece un bagno nella tintura così com'era, il resto poco importava.
Poi venne la scoperta del secolo, quella del signor Singer, attore per vocazione, inventore per necessità e imprenditore per forza, il quale, quattro mogli e 18 figli oltre a un processo per bigamia, non trovò di meglio che inventare la macchina per cucire e quando morì, nel 1875, lasciò un patrimonio personale di 14 milioni di dollari e uno strumento che consentiva appunto di produrre un paio di pantaloni in 38 minuti anziché in due ore e mezzo. Dovette affrontare vari processi perché accusato di aver saccheggiato scoperte altrui, ma in giudizio vinse sempre, avvalendosi del fatto di aver migliorato e modificato tecniche e risultati.
Pensate che sia finita? Tutt'altro. Quei jeans si scucivano con la stessa facilità con cui si cucivano. Risultato: per chi non aveva proprio una silhouette da modella quell'abbigliamento era spesso imbarazzante. Ogni problema però era destinato a cessare di esistere il 20 maggio 1873. Quel giorno infatti il signor Levi Strauss, ebreo tedesco trapiantato in America, entrò in un ufficio brevetti e ne usci con la concessione numero 139.121 che lo autorizzava a produrre pantaloni «in tessuto robusto tenuti insieme oltre che dai punti del cucito tradizionale, anche da rivetti metallici».
In realtà Levi Strauss da anni produceva già pantaloni, ma solo quando Jacob Davis, un lituano trasferitosi a Reno nel Nevada, si fece vivo per proporgli di unire le giunture con pezzi di metallo, gli venne in mente che la scoperta sarebbe stata imbattibile e la brevettò. Dovette arrivare il nuovo secolo perché la concessione scadesse in esclusiva e anche altre case produttrici potessero dedicarsi ai jeans. All'epoca avevano una patta con tre bottoni, due tasche anteriori, una posteriore, nessun passante per la cintura perché si usavano solo le bretelle. Nel 1890 si aggiunse il taschino per l'orologio e le monetine, nel 1905 la seconda tasca posteriore, i passanti arrivarono solo nel 1922 e si dovette attendere fino al 1937 per vedere aboliti i bottoni cui agganciare le bretelle.
Poi vennero i Wrangler, i Lee e via elencando, ma soprattutto vennero quelle figure che dall'altro ieri a oggi e domani, passando per un semplice ieri, hanno perpetuato l'uso dei jeans. Vennero i cowboy e John Wayne, vennero i vaqueros dove i jeans cascano da Dio... Vennero Marlon Brando e James Dean, il bello maledetto e il maledetto e basta. Venne Elvis the Pelvis e Neil Young. Venne Jack Kerouac, le sue corse sulla strada e la beat generation. Venne perfino Grace Kelly, in jeans e camicetta per Hitchcock. Si girava "La finestra sul cortile" e lei era bellissima.

Come e forse più di quando brillava per eleganza.

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