Inquina più un caminetto di un'auto a gas naturale

I dati sulle differenze di emissioni di particolato tra gas, gasolio, pellet e legna. Gli obiettivi di Snam, Fca e Iveco

Riccardo Cervelli

Il gas naturale e il Gpl svolgono un ruolo significativo per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell'inquinamento e dell'abbassamento dei livello di CO2. Vantaggi in termini di diminuzione del particolato aerodisperso (Pm) e dei composti tossici e cancerogeni in esso contenuti (il più pericoloso è il benzo pirene) potrebbero derivare dalla sostituzione di auto diesel e benzina con veicoli a metano e/o biometano, e dalla riduzione dell'uso di apparecchi di riscaldamento alimentati a biomasse quali il pellet e la legna da ardere.In particolare, occorrerebbe un onesto ripensamento circa l'uso di camini e stufe tradizionali che, oltre a utilizzare questi combustibili grandi produttori di Pm, sono scarsamente efficienti e devono essere tenute accese per molte più ore di altre forme di riscaldamento.

Dati interessanti a supporto di questa tesi sono contenuti nello «Studio comparativo sulle emissioni di apparecchi a gas, Gpl, gasolio e pellet» realizzato da Innovhub-Stazioni Sperimentali per l'Industria, presentato nel corso di un evento organizzato a Roma da Assogasliquidi e Anigas. Secondo lo studio, in termini assoluti gas naturale e Gpl emettono meno di 0,04 grammi di Pm per gigajoule (GJ, unità adottata a livello internazionale per misurare anche il calore).

Per contro, il pellet di migliore qualità (A1), utilizzato su una stufa di alta gamma, è risultato produrre 23,9 g/GJ di particolato. Un apparecchio a legna può emettere invece fino a 254 g/GJ di Pm. Pure il gasolio è molto più virtuoso con solo 0,1 g/GJ. La ragione di tutto ciò è che il particolato è costituito in massima parte da sostanze incombuste, che tendono ad aumentare passando dai combustibili gassosi a quelli liquidi e solidi. Questo non significa che le biomasse come legna e derivati - debbano essere criminalizzate e abolite, ma occorre utilizzarle con maggiore coscienza e razionalità. Doti che, invece, sono mancate a chi, negli ultimi anni, ha deciso di reagire al problema del costo del petrolio e del gas per la produzione di elettricità incentivando l'uso di centrali al meno caro carbone, grande responsabile della produzione di CO2.

Un problema che ha toccato anche il nostro Paese, ma soprattutto altre nazioni europee, in quanto l'Italia utilizza prevalentemente il gas. L'Italia ha la fortuna di essere una nazione ben «infrastrutturata» per l'importazione, la produzione e la distribuzione di questo combustibile. Non è un caso se la penisola è il territorio europeo in cui il metano ha avuto più successo nell'autotrazione. Secondo Fca, Iveco e Snam, la più grande utility del gas in Europa, che agli inizi di ottobre hanno firmato un memorandum of understanding per lo sviluppo del gas naturale come carburante alternativo e ecocompatibile, oggi in Italia circolano oltre un milione di veicoli a metano. Le tre aziende si sono poste un obiettivo di 3 milioni di auto che utilizzano gas naturale entro i prossimi 5 anni. «L'azzeramento pressoché totale delle polveri sottili che garantisce un mezzo a metano sostiene Marco Alverà, chief executive officer di Snam dà un contributo decisivo per combattere l'emergenza smog, le targhe alterne e addirittura la chiusura dei centri cittadini».

Misure che spesso si sono rivelate inefficaci perché non è solo il traffico a inquinare, soprattutto quando i veicoli sono sempre più green.

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