L'articolo della domenica

Questa Costituzione ci ha fregato il futuro

La paura di governi forti ha portato allo stallo. E i giovani ringraziano

Tutti i parlamentari e gli opinionisti politici sono convinti che ci sia qualcosa da cambiare nella «Costituzione più bella del mondo» che i nostri padri costituenti hanno creato terrorizzati da un possibile ritorno del fascismo o da un eventuale fiorire del comunismo staliniano. E poiché questi regimi erano fondati sul potere esecutivo essi hanno fatto in modo che il governo non avesse alcun potere.

Un governo eletto dal popolo se fa bene viene premiato nelle elezioni successive, se fa male viene sostituto. Ma nella storia della Repubblica italiana non c'è nessun governo eletto dal popolo. Tutti i governi sono stati decisi a tavolino dai segretari e i notabili di partiti. E quando anche un partito otteneva una grande affermazione popolare, poi, per fare un governo, doveva accordarsi con altri partiti, gruppi, gruppuscoli che lo tenevano continuamente sotto ricatto. Di qui la lentezza delle decisioni e i ritardi cronici in tutti i campi.

Il decadimento culturale, economico e giudiziario italiano è il prodotto di questa paralisi del sistema nervoso centrale del Paese, che si ripercuote dovunque. I politici lo sanno benissimo, tant'è vero che da decenni non parlano altro che di riforme. Ma non le fanno perché sono terrorizzati che se ne avvantaggino gli avversari o semplicemente perché temono di perdere il posto. Conservano così tutti insieme in vita quel moloch immobile a cui giustamente è stato dato il nome di casta. Un moloch che anche stavolta è riuscito a frenare e rallentare la riforma elettorale anche se si trattava di un cambiamento modesto. Nei prossimi mesi faranno di tutto per far fallire il grande progetto riformista che sostengono di volere a parole, e se le cose andranno avanti sarà solo grazie all'arrivo sulla scena politica di gente giovane, che ha studiato e lavorato negli Stati Uniti o nei Paesi europei e diffida dei miti fondatori della Repubblica e dei suoi bizantini riti politici.

Una generazione che sta provando su di sé gli effetti della nostra anarchia parlamentare e che quindi è più pronta a cambiare.

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