Politica

Bunga bunga alla Boccassini

Il Csm contesta a Bruti Liberati l'assegnazione dell'inchiesta alla pm anti-Berlusconi

Bunga bunga alla Boccassini

È di nuovo caccia grossa. I cecchini sparano a vista su chiunque sia passato in Laguna con la divisa di Forza Italia. Titolavano ieri i soliti giornaloni: «Tangenti a Venezia: spunta il nome di...». E via con l'elenco: Brunetta, Tremonti, Gianni Letta, Ghedini, solo per citare i più conosciuti. Poi uno, giustamente incuriosito e indignato va a leggere e che scopre? Il nulla. Esempio uno: una ex segretaria racconta che - citazione testuale - «si favoleggiava» di telefonate di Gianni Letta. Esempio due: un manager fa mettere a verbale che «non ricordo bene ma mi pare che il gruppo abbia dato un contributo elettorale per la campagna di Brunetta di 50mila euro che forse erano stati dichiarati a bilancio». Giustamente anche l'imperturbabile Gianni Letta è sbottato: «Come faccio - ha dichiarato annunciando querela - a difendermi da una favola?».

Ovviamente questi signori non sono indagati, nessuno dei cecchini ha controllato se l'eventuale contributo elettorale era legittimo o no. I giornali di sinistra hanno già emesso la sentenza più vigliacca. Perché quel «Spunta il nome...» fa più danni e male di un avviso di garanzia. Ci si può difendere da una accusa, non da una calunnia o da un sospetto fatti circolare per fini politici. Di questo passo l'inchiesta del giudice Nordio sulla corruzione per il lavori del Mose perderà presto la serietà e l'autorevolezza con le quali è partita. E finirà tutto in caciara come quelle dei colleghi di Milano che proprio ieri sono stati - cosa rara e inedita - sputtanati addirittura dal Csm, il massimo organo di autogoverno dei magistrati. Parliamo del caso Rubi-bunga bunga che è nato - si legge nella delibera - con procedure illegali. Un uso privatistico dell'amministrazione della giustizia fatto dal procuratore capo Bruti Liberati e dalla sua cocca Ilda Boccassini.

Ieri a Roma mi ha fermato per strada un collega di Agorà (Raitre) armato di microfono e telecamera: «Direttore, pensa che dopo i fatti di Venezia Forza Italia debba porsi una questione morale?». Mia risposta: «Guardi che al momento l'unico politico agli arresti è il sindaco del Pd». E lui: «Vabbè, passiamo a un'altra domanda». Non ci siamo. Cambiano i premier e le procure, ma l'aria resta avvelenata.

Occhio ad abbassare la guardia.

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