Rubrica Cucù

Napolitano ha la coda di paglietta

Il messaggio più rassicurante che Giorgio Napolitano dà all'Italia non è nelle sue parole, ottimiste per la pelle e catastrofiche nel cuore, ma nella paglietta

Il messaggio più rassicurante che Giorgio Napolitano dà all'Italia non è nelle sue parole, ottimiste per la pelle e catastrofiche nel cuore, ma nella paglietta.

L'avrete visto l'altro giorno a Redipuglia e anche in altre occasioni, presentarsi come un fazendero sudamericano o un notabile meridionale d'altri tempi, con quel suo cappello bianco dalle larghe falde, comunemente chiamato paglietta. Beh, quel cappello gli dona e ci dona. È rassicurante. Dà un'aria frivola e vacanziera alle istituzioni, ci ricorda la bellezza dell'estate e 'o paese d' 'o sole, la granita di limone, il circolo canottieri e il saluto col cappello sollevato: ossequi alla signora.

Con la paglietta, Napolitano libera la sua testa da ogni scoria di comunismo e malapolitica ed entra nel circolo ricreativo della borghesia meridionale; pagliette si chiamavano un tempo gli avvocati a Napoli. Al mio paese Saverio vendeva i cappelli acconciandoli secondo la classe: se era un borghese gli dava il garbo con la mano, creando con un colpetto sulla punta quella gentile rientranza in capo; se era un rustico gli sferrava una manata dall'interno e lo rialzava in cima. Napolitano rientra tra i primi.

Quando lo vedo con la paglietta, Napolitano mi ricorda Nino Taranto che fa Ciccio Formaggio o vende la Fontana di Trevi al gonzo americano. E mi aspetto che andando via saluti il gentile pubblico a suon di musica, agitando il cappello tra le mani, come si faceva nell'avanspettacolo. Presidente, la sua paglietta è la nostra speranza.

Fragile e stagionale.

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