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Matrimoni gay? Sacrosanti, ma peggio per loro

Matrimoni gay? Sacrosanti, ma peggio per loro

Le leggi creano ordine, ma anche discriminazione. Cioè, verso chi non è stato previsto dalla norma, ma non ne è stato neppure escluso. Se c'è un principio indiscutibile, invece, è proprio quello della pari dignità giuridica di tutti i cittadini nello Stato laico e democratico. Ma anche quello affermato, con vigore inusitato e apprezzabilissimo, da Monsignor Paglia, responsabile vaticano della famiglia, della pari dignità di tutti i figli di Dio.

E allora perché ci sono ancora una quarantina di Paesi al mondo nei quali l'omosessualità è reato, da punire con la morte, e in Italia non è ancora stata approvata una legge contro l'omofobia? Perché c'è pregiudizio e censura, o patetica e inconcludente tolleranza, verso l'orientamento sessuale non condiviso dalle religioni e dagli Statuti sociali. In barba alla realtà obiettiva e alla libertà di essere.

Dimentichiamo spesso, però, che la sessualità è anche espressione di affettività e sentimenti. Etero od omo che siano le persone a esprimerli e a convogliarli nel progetto di coppia. Per la vita o per qualche tempo.

Posto che la legge, per principio, deve creare un ordine sociale, eliminare le differenze e rispettare l'identità di ognuno, è sacrosanto che i gay pretendano i diritti riconosciuti a tutti gli altri, trattati quindi diversamente da loro. È giusto che si oppongano all'ipocrisia e all'ottusa considerazione di chi non prende atto neppure del pensiero della Cassazione sul punto: «La libertà sessuale va intesa come libertà di vivere senza condizionamenti e restrizioni le proprie preferenze sessuali in quanto diritto alla realizzazione della propria personalità, tutelato dall'art. 2 della Costituzione».

È dunque fuorilegge quella civiltà, sociale e giuridica, che non tutela al cittadino omosessuale il diritto all'affettività e al progetto di coppia, come lo prevede per il cittadino eterosessuale. In tal modo la famiglia ha un trattamento diverso, a seconda di come si sia formata. Sarà per tradizione interpretativa delle norme sul matrimonio, sarà per omofobia pura e semplice, oppure per supino rispetto religioso (peraltro fuori tema nello Stato laico), fatto sta che la coppia omoaffettiva non può accedere al matrimonio e alle tutele costituzionali che ne derivano, e neppure alle tutele derivate per le coppie di fatto.

Secondo me, alla fine, è forse solo un problema di welfare: come farebbe il nostro Stato, pasticcione e spendaccione, a trovare le risorse economiche per pagare la pensione di reversibilità agli omosessuali vedovi? E come accetterebbe le detraibilità fiscali per il congiunto gay a carico? Come potrebbe rinunciare alle quote ereditarie che, in assenza di testamento e di parenti fino al sesto grado, sarebbero incamerate dallo Stato anziché riservate di diritto alla vedova gay? Per non parlare dell'assistenza sanitaria, sussidi familiari e via dicendo. Escludere i gay dal matrimonio, comporta un sicuro risparmio della spesa pubblica. Ma quand'anche potessero accedere al matrimonio, siamo certi che sarebbero in tanti i gay a volerlo fare? In fondo, le garanzie e i servizi che riceverebbero, dal cosiddetto stato sociale, sarebbero sempre più ridicoli nella loro entità economica. Invece dovrebbero subire l'invadenza dello stato-polizia, sempre più prepotente nel controllare, governare e legiferare su ogni aspetto della famiglia. Avrebbero a che fare con i costi, i problemi e le lungaggini del divorzio, dell'adozione, dei principi cogenti del matrimonio. Sarebbero tenuti alla fedeltà, ma anche ai doveri verso i parenti e gli affini in stato di bisogno (solo il matrimonio crea la parentela e, a cascata, una serie gerarchica di obblighi).

La famiglia è ormai una dimensione mutevole e contorta, soggetta a cambiamenti di dimensione, organizzazione e funzione. Le unioni omoaffettive hanno il diritto insindacabile di essere parificate alle altre. Tuttavia, ho la sensazione che gli omosessuali, quantomeno e pur nell'odiosa discriminazione, abbiano ancora la fortuna e la libertà di potersi sottrarre a una scelta matrimoniale che, non di rado, si risolve in un sequestro di persona.

Complici il coniuge e lo Stato.

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