Conclave

La Chiesa al bivio: sarò un Papa pastore o un politico?

La fumata bianca non è soltanto un momento solenne della religione cattolica, forse il più solenne. È un annuncio rivolto al mondo, urbi et orbi recita la liturgia romanocentrica. Questa volta s'inserisce nell'elezione di un nuovo Papa, e nella suspense dell'attesa, il fatto rarissimo e sconvolgente che si avrà un nuovo vicario di Cristo mentre è ancora vivo, nel suo ritiro di preghiera, chi Vicario di Cristo era stato proclamato, e di quella suprema dignità s'è volontariamente e consapevolmente spogliato

È una cosa seria. È una cosa importante. Nessuno, per quanto radicate siano le sue convinzioni laiche, può sminuire un avvenimento che arriva a noi dai millenni, che ha dato la sua impronta a epoche e svolte della storia, che ancora è avvolto da un alone di sacralità e di ritualità alla cui suggestione è impossibile sottrarsi. La fumata bianca non è soltanto un momento solenne della religione cattolica, forse il più solenne. È un annuncio rivolto al mondo, urbi et orbi recita la liturgia romanocentrica. Questa volta s'inserisce nell'elezione di un nuovo Papa, e nella suspense dell'attesa, il fatto rarissimo e sconvolgente che si avrà un nuovo vicario di Cristo mentre è ancora vivo, nel suo ritiro di preghiera, chi Vicario di Cristo era stato proclamato, e di quella suprema dignità s'è volontariamente e consapevolmente spogliato.

In questi giorni e in queste ore densi di pronostici e commenti i vaticanisti si sono esercitati nella loro professionale predilezione. Quella di discernere le verità nascoste. Quelle che prendono forma nei conciliaboli dei cardinali, e che si concreteranno nelle indicazioni dei nomi di papabili nelle prime schede. Non voglio indugiare sui favoriti e sugli outsiders perché molto meglio di me lo hanno fatto e lo faranno i colleghi. Preferisco ritrovare nel passato e nel presente alcuni temi che, in superficie o in sottotraccia, hanno sempre caratterizzato il travaglio del conclave, e dello Spirito Santo.

Sono per fortuna finiti i tempi in cui le grandi potenze cattoliche - Spagna e Austria - potevano opporre il loro veto a un papabile sgradito. Allo stesso modo, e per la stessa fortuna, sono finiti i tempi in cui nelle quinte del conclave venivano estenuatamente riecheggiati rivalità di famiglie principesche o conflitti internazionali. L'oggetto del contendere, al di là di miserie come lo Ior o come gli abusi sessuali di alcuni preti, è la fede. I cattolici d'ogni Paese e d'ogni continente vogliono sapere, tramite l'esito del conclave, a quale Chiesa debbano e possano affidarsi. Per questo, svanito il tempo degli intrighi e delle soperchierie, è arrivato il tempo delle persone. I candidati al soglio si presentano al giudizio dei confratelli ma contemporaneamente - in questa che è la società dell'immagine - si presentano fisicamente al giudizio del popolo cattolico. Intanto nell'ombra di Castel Gandolfo Joseph Ratzinger osserva e, suppongo, giudica.

Lo schema collaudato di altre elezioni divide i nominabili, essenzialmente, in due categorie. Il Papa pastore, sull'esempio di Giovanni XXIII (e con il precedente remoto di Celestino V benché biasimato da Dante). Un Papa che sia il grande parroco della cattolicità, che presti modesta attenzione ai rapporti della Chiesa con gli Stati e massima attenzione ai rapporti della Chiesa con i cuori e con le anime. Il Papa pastore ha un fascino immenso, ma non sempre riesce a dominare quel viluppo di posizioni, di interessi, di memorie storiche e religiose che è la Santa Sede. Oso una considerazione senza dubbio riprovevole. Forse un vero santo non è adatto a essere un buon Papa.

E poi c'è il papa politico - in secoli lontani anche guerriero - alla Pio XI e alla Pio XII. Un Papa capace - come ai due Pio accadde - di tenere il timone in anni terribili, nell'orrore di guerre spaventose, con l'insidia degli imperi nazista e comunista. Mi domando a quale delle due categorie appartenesse Giovanni Paolo II. Forse a una terza, la categoria dei profeti. Ma ne esiste anche una quarta, impersonata da Benedetto XVI. Quella dei Papi studiosi, dei Papi intellettuali (tra loro potremmo forse porre Montini), uomini di studio, di meditazione, anche di tormento. Che portano la veste papale più come un cilicio che come un segno divino. Naturalmente questa suddivisione scolastica ammette infinite varianti, la realtà supera spesso la fantasia e non ha bisogno d'essere verosimile perché è vera.

La fumata bianca ha ormai, in tempo reale, dimensioni planetarie. Nel volgere di minuti anche la biografia d'un Papa inatteso, quale fu Wojtyla, alluviona le televisioni e in scia la stampa. Gli esperti sono pronti all'evento, forse hanno qualche informatore nei sacri palazzi. Non ricordo che sia avvenuto per un'elezione papale, accadde per la morte di Pio XII che un segnale convenuto fosse male interpretato da un vaticanista e che il decesso di Eugenio Pacelli fosse reso noto prematuramente.

Grazie a Dio e a Ratzinger in questa occasione avremo un nuovo Papa senza la morte del predecessore.

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