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Berlusconi mette tutti a tacere a sette giorni dalla Cassazione

Accantonato il rischio del voto anticipato dopo il sostegno ad Alfano. Il Cavaliere resta in attesa della fatidica sentenza del 30 luglio

Berlusconi mette tutti a tacere a sette giorni dalla Cassazione

Il Cavaliere è stato chiaro al punto che persino i più critici verso il governo Letta scelgono la via della prudenza. Ufficialmente la linea è quella di far quadrato su Angelino Alfano e nessuno si discosta dall'indicazione di Berlusconi nonostante la questione sia stata affrontata con toni e sfumature diverse in varie riunioni che si sono tenute nei giorni scorsi a via dell'Umiltà.
Alcune pure piuttosto accese, visto che c'è stato chi ha consigliato al segretario del Pdl un mezzo passo indietro (lasciare il Viminale ma restare vicepremier) per evitare che l'affaire kazako possa continuare a far ballare l'esecutivo nelle prossime settimane, soprattutto se - come sostiene qualcuno - sono possibili altre sorprese.
Tutte tensioni di cui non è rimasta alcuna traccia, non solo perché Berlusconi è stato categorico nel chiedere al Pdl di restare unito ma pure per i buoni uffici di un Gianni Letta che ha buttato acqua sul fuoco. Tutti con il governo, insomma, e tutti con Alfano. In attesa del fatidico 30 luglio quando la Cassazione si pronuncerà sui diritti tv Mediaset. Solo allora sapremo se la linea prudente e non aggressiva imposta dall'avvocato Coppi avrà ottenuto i risultati sperati. E, soprattutto, solo allora sapremo se davvero la finestra di ottobre per un eventuale voto anticipato è veramente chiusa. Una sentenza sfavorevole al Cavaliere, infatti, potrebbe mettere in crisi i già delicati equilibri di un esecutivo che esce decisamente ridimensionato dallo scandalo Ablyazov.
Berlusconi, da parte sua, si guarda bene dal dare indicazioni su cosa succederà dopo la decisione della Suprema Corte, né in un caso né nell'altro. Ma è chiaro che se il verdetto dovesse confermare condanna e interdizione dai pubblici uffici la tensione non potrebbe che salire alle stelle indipendentemente dalla volontà di chi è seduto al tavolo di questa delicatissima partita.
E che l'approccio sia quello dell'attesa, lo si coglie piuttosto chiaramente dalle poche dichiarazioni domenicali dei big del Pdl. Berlusconi, che il fine settimana lo passa ad Arcore, si guarda ovviamente bene dal parlare. Ma uno che di sconti ne fa pochi come Renato Brunetta non si fa problemi a chiedere un «riequilibrio» dei ministeri tra Pdl e Pd in cambio di un «patto di legislatura fino al 2018». L'ex ministro rivendica soprattutto «pari dignità di rappresentanza nel governo, proporzionata ai voti raccolti alle elezioni» dal momento che «tra Pd e Pdl c'è stato uno scarto di voti pari allo 0,3% ma il Pd ha quasi il doppio di ministri rispetto a noi». Anche il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri ipotizza a breve un rimpasto e propone che Enrico Letta assuma la «guida delle politiche economiche per attuare gli indirizzi che ha espresso fin dalla nascita del governo». «Lui – spiega - può colmare il deficit di alcuni ministri economici». Scenario, quello del rimpasto, escluso in maniera categorica dal ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello. Conferme o smentite a parte, il punto è che l'eventuale prospettiva di rimettere mano alla squadra di governo si deciderà solo dopo il 30 luglio. È chiaro, infatti, che se la tensione fosse alle stelle per una sentenza sfavorevole a Berlusconi potrebbe essere proprio quella la miccia per far saltare il banco. Circostanza che non dispiacerebbe a una fetta del Pdl ma soprattutto a una buona parte di un Pd che non riesce più a tenere l'elettorato. Per il momento, però, la questione resta tabù.

E così per riempire una piovosa domenica di luglio, il Pdl si avventura in un dibattito piuttosto surreale sui temi etici chiedendo «una moratoria legislativa» in materia e invitando l'esecutivo a occuparsi di temi economici.

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