Politica

Una tragedia che racconta questa povera Italia scassata e fuori norma

Dall'apocalisse del treno hi-tech di Santiago a quella paesana dell'Irpinia, uscita da un passato malinconico e senza tempo

Ancora spopolava su Internet il filmato spagnolo del supertreno superveloce contro il muro della superstrage, ancora stavamo in qualche modo commentando l'ipertecnologica tragedia mondializzata, quando dal grande teatro spagnolo veniamo brutalmente richiamati alla nostra apocalisse di provincia, modesta e paesana, fuorinorma e scarcassata, sanguinoso made in Italy che sembra uscire da un passato remoto, ma in fondo eterno e intramontabile, come un affresco triste e malinconico senza data e senza tempo.

Sì, potrebbe essere una qualunque domenica del Dopoguerra, o del boom economico, o degli austeri anni Settanta. Come allora, come sempre, anche stavolta c'è l'animatore del gruppo, un bravo figlio che si fa ben volere da tutti, durante la settimana dietro il bancone della salumeria, nel tempo libero organizzatore di pellegrinaggi. Ci sono gli anziani che non si possono permettere, e nemmeno sognano, la regata in barca a vela o le notti nei locali mondani. Ci sono le famiglie a reddito stringato, poco mare mordi e fuggi, molti pic-nic in campagna, quando capita un intero weekend nei luoghi della fede pop. C'è immancabilmente Padre Pio, il capolinea mistico di tanti voti e di tante richieste, stella polare di quest'Italia sempre più devota a santi e madonne, magari sempre meno empatica nella linea diretta con il proprio Dio. C'è l'Irpinia, quel luogo impervio e misterioso che ci è caro per motivi di altri lutti, quell'area di rocce e boschi, inevitabilmente di strade complicate. Ci sono i guard-rail svirgolati, le code del rientro, il sudore e la sonnolenza di fine gita. E c'è il pullman, uno di questi miliardi di pullman che pull-ulano lungo le nostre strade, alcuni (pochi) sontuosi e ben tenuti, la maggioranza dall'aspetto altamente sinistro. Ore e ore di viaggio senza tregua e senza sosta, manutenzione al minimo, tempi morti da evitare come la lebbra, perché la concorrenza è feroce e i costi sempre alti, mai dire no a una prenotazione e soprattutto ammortizzare, ammortizzare, ammortizzare, con tante gite, tanti pellegrinaggi, tanti chilometri. E poche storie se le gomme sono lisce, se il motore batte in testa, se la portiera non si chiude: con i prezzi che facciamo, vogliamo pure la business-class?

E là davanti, al centro del mondo, c'è il personaggio chiave, come una divinità assoluta, con insindacabile potere di vita o di morte: l'autista. Un autista, nemmeno due mesi fa, si era ostinato a procedere nel cuore della notte, sfiancato dalla stanchezza e da chissà che altro, nel viaggio di ritorno dei tifosi bresciani dalla partita a Livorno. Non erano serviti nemmeno gli inviti dei colleghi sugli altri pullman a concedersi una pausa, niente di niente, a un certo punto diventa pure una prova d'orgoglio: ma come, io, con tanti chilometri sulle spalle, fermarmi a schiacciare un pisolino come un ragioniere nell'esodo estivo verso Gabicce?

In un modo o nell'altro, quella notte l'autista eroe aveva chiuso gli occhi per un attimo fatale, a pochi chilometri da Brescia, provocando il disastro: a rimetterci la vita un bravo ragazzo di vent'anni, tra parentesi unico legame possibile per il fratello autistico...
Nessuno può ancora sapere che cosa davvero sia capitato domenica sera sulla Napoli-Canosa. Comincia ad affiorare di tutto, tutto il classico armamentario nostro: gomme usurate, portiera davanti aperta, velocità eccessiva, autista imparentato col titolare. In ogni caso, non bisogna aspettare questa inchiesta per gridare una verità indiscutibile: i pullman vanno troppo forte. Pro memoria: il loro limite in autostrada è 100. Ma lo sappiamo com'è: se mi metto in autostrada a 100, ho moltissime probabilità di essere spostato di peso a colpi di clacson da un pullman. E non vengano a raccontare favole.

Poi ci sta che scoppi una gomma (soprattutto se lisa). Ci sta che saltino i freni (soprattutto se stremati). Ma che siano la velocità e la fretta, assieme all'incoscienza e alla faciloneria di tanti autisti (anche al bar...), che siano questi i fattori decisivi delle disgrazie è fuori discussione.
Passano gli anni, mutano le ere geologiche, cambiano i costumi d'Italia, ma ci ritroviamo sempre a ripetere le stesse cose. Intanto, avviamo al cimitero altre famiglie e altri bambini, altri italiani che non si possono permettere elicotteri e auto blu, altri italiani che sognano un weekend fuori porta e un buon panino alla frittata. Non stiamo ipocritamente a dire ogni volta che è l'Italia migliore.

Certo è l'Italia più vera, che paga sulla propria pelle l'Italia più incivile.

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