Politica

Per uno spietato carnefice ogni perdono è impossibile

Non si vede obbedienza nella scelta di eccedere l'ordine della decimazione. Si vede il fanatismo confermato fino all'ultimo, fino alla più penosamente demenziale delle forme di antisemitismo, il negazionismo della shoah

Un giorno di inverno durante l'intifada iniziata nel 2001, un terrorista si era fatto saltare per aria al mercato di Mahanei Yehuda a Gerusalemme. Sono corsa là col blocco di appunti. Le bancarelle erano montagne di schegge insanguinate, gli infermieri con i gilé arancioni raccoglievano i feriti urlanti, le compagnie di pietà raccoglievano corpi di innocenti, membra, brandelli. Il terrorista aveva scelto un luogo più affollato possibile, i vecchi che fanno la spesa la mattina in ciabatte, le donne con i brutti carrelli a ruote, i bambini per la mano. Mi girava la testa, procedevo brancolando sulla strada, i cameraman si affollavano, la polizia mi spingeva fuori con gli altri giornalisti... E camminando scavalcai un tronco nero di cenere e di fuoco. Quasi ci inciampavo. Quando mi sono voltata per capire cos'era, ho capito che era il corpo del terrorista. Non ho sentito nulla, proprio nulla. Nessun sentimento. Era un carrarmato atterrato, il residuo ferruginoso di una bomba a mano usata, era uno strumento d'odio.

Così Priebke. Uno strumento di ferro contro l'umanità. Né per lui né per quel terrorista ho pensato che, come dice l'ebraismo che prescrive una sepoltura quanto più celere pensando alla resurrezione, il suo corpo fosse sacro a causa della intimità che la nostra rappresentazione fisica ha con l'anima. Ora si discute della sepoltura negata a Priebke. Il nazismo non ha niente a che fare, come invece è diventato purtroppo moda sostenere, con «la banalità del male». Non c'era banalità in Priebke, c'era il male, che ha una sua forma ben definita, che è fatta di ferocia, di prepotenza e disprezzo per la vita, e che nella storia prende la forma di varie ideologie, il nazismo, il comunismo, l'islamismo estremo, che poi alla fine finiscono, ciascuna, per odiare e uccidere gli ebrei.

Priebke si è appellato al dovere dell'obbedienza, come fece a suo tempo Eichmann, ma - ciascuno a suo modo - erano, come ha scritto Daniel Goldhagen, volenterosi carnefici di Hitler. Non si vede obbedienza nella scelta di eccedere l'ordine della decimazione. Si vede il fanatismo confermato fino all'ultimo, fino alla più penosamente demenziale delle forme di antisemitismo, il negazionismo della shoah. Se qualcuno si vuole interessare alla messa e alla sepoltura di un corpo che era un tronco nero, non per questo dev'essere ascritto alla medesima famiglia, può anche farlo perché la ritiene una forma di pietas. Io conservo la mia pietas per categorie che non comprendono i terroristi, i nazisti e gli altri assassini ideologici.

Troppa è la sofferenza che deriva dal loro operato perché resti spazio oltre la cura delle loro vittime.

Commenti