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Per battere Berlusconi ogni volgarità è buona

Imbattuto politicamente, il cav è stato indebolito dai colpi proibiti del regime mediatico-giudiziario. E la cultura, complice delle èlite, ha smarrito se stessa

Per battere Berlusconi ogni volgarità è buona

Il mondo che uscì nel 1648 dalla pace di Westfalia era stato messo a ferro e fuoco dalla Guerra dei Trent'anni e ci volle un'intera generazione per vedere segni di ripresa. L'Italia che non esce dai vent'anni di crociata contro Berlusconi e i suoi elettori, difficilmente si rialzerà nel giro di una generazione. Il «ventennio berlusconiano» - come abbiamo ricordato pallottoliere alla mano - non esiste perché il Cavaliere ha governato soltanto per nove anni su diciannove mentre la crociata contro la sua inaspettata e perdurante leadership, quella sì, dura da oltre venti anni. E non è stata una crociata politica, ma di tutt'altro genere: in politica, come ha ricordato con veemenza Massimo Cacciari nell'ultima puntata di Santoro, Berlusconi non è stato mai battuto. Però, grazie alla crociata, è stato azzoppato con un cannoneggiamento giudiziario e mediatico mai visto nella storia delle democrazie europee, con un concerto affiatato delle armi di distruzione, di massa. È stato - lui e i suoi elettori - deriso, infangato, dipinto non come un avversario ma un criminale (stesso metodo usato con Craxi del cui inesistente «tesoro» si favoleggiava), sicché un'intera generazione è stata allevata nel culto diabolico di un guerra all'anticristo, al mostro espressione antropologica del male. Questa è la ragione per cui il Pd soffre e si attorciglia quando deve spiegare alla generazione attonita che forse le cose non stanno così, visto che l'anticristo di Arcore è un padre fondatore del governo.
Il mondo della cultura si è mobilitato in una crociata e il risultato finale è che l'arcinemico Berlusconi viene ora battuto non nelle urne ma con un putsch che permette al vicepresidente del Csm di proclamare il primato giudiziario sul Parlamento.
L'effetto collaterale è quello che risulta dai fatti: la cultura italiana salvo eccezioni cola a picco insieme al Paese. Questo risultato è stato confermato dall'Ocse che certifica la regressione della cultura italiana all'età della pietra ed è stato confermato persino alla Fiera del libro di Francoforte dove - lo ha scritto Gian Arturo Ferrari sul Corriere della Sera - gli editori e gli autori italiani non contano nulla. Siamo così tornati all'Italia come «terra dei morti», scioccante definizione del poeta francese Alphonse de Lamartine nell'Ottocento: «Terra dove gli uomini nascono vecchi, dove l'amore è un inganno e il pudore un belletto, dove l'astuzia ha alterato la dirittura dello sguardo, dove le parole irose non sono che un rumore sonoro».
Roberto Orsi della London School of Economics ha scritto pochi giorni fa un articolo sulla «terzomondializzazione dell'Italia» e della «caduta verticale della (sua) produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale» da cui il nostro paese si difende come un suicida rinchiudendosi «in una rete di strutture giuridiche che rendono certa la scomparsa completa della nazione». Il governo Monti ha fatto un gran male, sostiene il docente, ma quello di Letta fa anche peggio, restando inalterato «il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d'Europa». Le due culture sociali governative combinate, quella cattolica e quella post comunista - agli antipodi da quella liberale dei padri fondatori del Risorgimento - restano ottusamente antimoderne e retrograde, moraliste e inconcludenti, ma sostenute da un sistema culturale usato come una clava. Di qui la fuga dei cervelli che scappano persino a Chiasso, un palmo oltre il confine svizzero.
Lo Stato nazionale italiano fu creato da liberal-conservatori e modernisti che erano culturalmente l'opposto delle attuali élite politiche. Berlusconi, nelle sue intenzioni originarie levava la bandiera liberale e modernista contro quella terzomondista e cattocomunista che oggi impregna non soltanto il governo, ma la burocrazia, le televisioni, i giornali, le singole coscienze, il mondo libresco e televisivo, con gli effetti appena detti. La crociata della cultura versus Berlusconi ha arruolato anche un linguaggio imbastardito di cui sono piene le pattumiere dei tweet, di cui quello fecale e himmleriano di Vito Crimi - il tentativo di liquidazione fisica del nemico, sia ebreo o berlusconiano - è il prototipo.

Tutto quel che è accaduto da Santoro giovedì scorso con la sua ginecologia mercenaria e da salotto buono, è l'intendenza che sempre segue le truppe anche nella disfatta, che in questo caso non è di Berlusconi ma dell'Italia.

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