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Rassegniamoci al sesto governo creato a Palazzo

Da Dini a Letta, in vent'anni abbiamo già avuto cinque governi non scelti dal popolo. Solo Berlusconi e Prodi legittimati dal voto. Questa è una Repubblica per pochi intimi

Rassegniamoci al sesto governo creato a Palazzo

Non vi fanno votare perché non si fidano di voi. Se vi state chiedendo perché il fallimento delle larghe intese non porta alle elezioni, ma a una staffetta disegnata a tavolino da kaiser Giorgio II, date un'occhiata alla storia degli ultimi vent'anni. Quali sono i capi di governo scelti da voi? Prodi e Berlusconi. Quelli scelti dalla casta? Dini, D'Alema, Amato, Monti, Letta e il prossimo dovrebbe essere Renzi. Il Palazzo batte la democrazia sei a due. Se si pensa che prima del Berlusconi del '94 a Palazzo Chigi c'era Ciampi, precettato dalla poltrona di Bankitalia, si capisce che siamo impantanati in un sistema oligarchico. È una Repubblica per pochi intimi.
Sembra un romanzo di fantapolitica. Un Paese prigioniero di una classe dirigente chiusa, segreta, vecchia che segue le direttive dei tecnocrati e dei finanzieri europei, malati di burocrazia, invasivi, spesso ottusi. I luoghi della politica sono stati cancellati, perché non contano le idee o i valori, ma le poltrone. È il potere per il potere, fine a se stesso, che considera ogni scelta che arriva dal basso un rischio per la propria sopravvivenza. È un incubo, vero? Eppure è la realtà che stiamo vivendo. Si riempiono la bocca di parole come stabilità, equilibrio, responsabilità, ma si sono convinti che non si può lasciare agli elettori la libertà di indicare chi e come deve governare. Temono che una cosa del genere, quella che un tempo si chiamava democrazia, possa far saltare il castello di carte che hanno messo in piedi. In Italia il gran sacerdote e il simbolo di questo sistema è Giorgio Napolitano. Il presidente, carico di età e senza futuro, ha fermato il tempo, facendo sprofondare l'Italia in un pantano dove il presente viene mummificato. Cosa fa un presidente della Repubblica quando teme che la maggioranza di governo stia andando in crisi? Le regole dicono che dovrebbe aprire un dibattito politico in Parlamento, consultarsi con i partiti, aprire una crisi alla luce del sole. No, Napolitano fa qualcosa di insolito e profondamente anomalo. Fa quello che ha fatto con Berlusconi, non gradito ai poteri forti. Si vede con quattro amici e mette in piedi una strategia di golpe bianco. Parla con Prodi, con De Benedetti, affida a Passera il compito di scrivere un piano di politica economica per l'Italia e dice al rettore della Bocconi Monti: scaldati, tocca a te. E tutto questo appare normale. Le chiacchiere sono solo fumo. Non è possibile neppure domandare a questi signori a che titolo sono stati consultati. Chi sono? Perché e a nome di chi parlano? Niente.
E ogni volta sarà così. Monti è una sua invenzione, Letta è una sua suggestione, Renzi ora una sua necessità. Ma tutto questo viene deciso tra pochi intimi, viene fatto scendere sugli italiani dall'alto, senza la possibilità di dire: mi sta bene oppure no.
Il brutto di questa storia è che i prescelti non sono neppure dei fenomeni. Uno dice: vabbé, non votiamo, ma grazie a questi oligarchi l'Italia va a gonfie vele. Il grande timoniere Napolitano sa quello che sta facendo, conosce la strada per portarci fuori da questa crisi che si sta mangiando gli ultimi risparmi di famiglia. Neanche per sogno. Non lo sanno. E forse neppure se ne preoccupano. Non lo sanno neppure in Europa, dove il pensiero dominante è il si salvi chi può. L'unica cosa che sanno fare è mettere tasse, fino a sfinirti, ad asfissiarti, tasse da suicidio, tasse senza rappresentanza.
Se è ancora vero l'antico motto di ogni liberaldemocrazia, no taxation without representation, allora queste tasse, maledetti oligarchi, pagatele voi.

L'urlo arriverà dal basso: no voto no tasse.

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