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Addio Monti, meglio i gay Il Pd scarica prof e Casini

Bersani firma con Vendola e Nencini un patto che ignora l'agenda del governo e riconosce le unioni omosessuali. Il leader Udc: "Un errore che mi preoccupa"

Addio Monti, meglio i gay Il Pd scarica prof e Casini

Casini già twitta alacremente che ancora i tre leader della sinistra del centrosinistra stanno sul palco: ora è chiaro, dice severo, «l'ipoteca di Vendola sulle primarie è superiore a quella di Renzi. Che errore eliminare ogni riferimento al governo Monti dal manifesto».

Vendola naturalmente ci va a nozze, «Casini si deve rassegnare», l'Italia non è «sempre il paese dei Gattopardi» come pensa lui. E se il governo Monti («che il Pd sostiene con sempre maggior sofferenza») non è neppure citato nel «manifesto dei progressisti» è meglio per Monti: «Avrebbero potuto essere solo cenni negativi», dice il leader Sel. Bersani non smentisce e non sembra granché preoccupato del fatto che il suo principale futuro alleato di centro lo stia mandando a quel paese, anzi se la ride: «Casini non si preoccupi, oggi è una bella giornata per noi e per il Paese».

Comincia con un bel litigio tra centro e sinistra (compreso ovviamente il riconoscimento alle coppie gay, che con buona pace di Casini e Bindi sarà nel programma) la lunga marcia verso il governo del centrosinistra. Una marcia che, nei progetti bersaniani, dovrebbe portare nel 2013 ad una coalizione Pd-Sel-Udc più ovviamente i Socialisti di Nencini, promosso ieri a triumviro progressista. Twitta irritato Casini, e twittano i centristi del Pd: «Questa alleanza non basta né per vincere bene né per governare», avverte Fioroni. «Servono moderati e Monti, anche con Vendola scontento. Mai con la foto del Palazzaccio». Già, perché i progressisti potrebbero non essere mica finiti qui, con Bersani, Vendola e Nencini che ieri hanno celebrato l'intesa firmando la «carta di intenti» che sarà, promettono, il loro «patto vincolante». Rischia di rispuntare proprio quella «foto del Palazzaccio», ossia dei promotori del referendum anti Fornero su cui proprio ieri è partita la raccolta firme, che a Fioroni e tanti altri Pd fa ancor più orrore della foto di Vasto. Col premio di coalizione (quello che, non a caso, non piace a Napolitano) contenuto nella bozza di legge elettorale ma soprattutto nel prediletto Porcellum, Di Pietro ha molte speranze in più di tornare ad agganciare il suo traballante vagone alla locomotiva Pd. «Come abbiamo sempre detto, Bersani dovrà per forza allearsi anche con l'Idv per vincere, e lo sa», spiegava giorni fa un soddisfatto Franco Giordano (Sel) ad uno sconfortato Mario Adinolfi, Pd.

Eppure Bersani non si mostra preoccupato per gli strappi di Casini e gli allarmi dei suoi, e resta convinto che vincerà «facendo sintesi», come spiega il lettiano Boccia: mettendosi al centro e, secondo l'antica scuola Pci, mediando tra le ali. Prima le primarie, «facendo sintesi tra Vendola e Renzi»; poi le elezioni. E a Casini, che oggi fa lo schifiltoso e lancia anatemi (caldamente ricambiati) contro Vendola, non resterebbe che aggregarsi per mancanza di alternative e accettare che Bersani continui a fare sintesi tra lui e Nichi, da Palazzo Chigi. A meno che la legge elettorale cambi davvero, il premio di coalizione venga prosciugato (come sembra indicare il Colle) e le nuove regole abbiano, paventa Franceschini, «come conseguenza certa che nessuno vinca». Soprattutto Bersani.

Pier Luigi Bersani ha deciso di partire dalla stazione di servizio del padre a Bettola, il suo paese natale sulle colline piacentine della Val Nure per la sua avventura alle primarie. E il paese ricambia, ovviamente. L'unico a mancare oggi sarà il «don Camillo» del paese: don Angelo Sesenna sarà infatti «occupatissimo» nelle celebrazioni: «Ho una fitta agenda di messe». In realtà pare che voti Renzi..

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