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Adesso la Consulta rivaluta le pensioni "Illegittimo bloccarle"

La Corte si prepara a dichiarare illegittimo lo stop dell'adeguamento al costo della vita. E per Letta sono guai

Il palazzo della Consulta a Roma, sede della Corte Costituzionale
Il palazzo della Consulta a Roma, sede della Corte Costituzionale

È incostituzionale il blocco delle pensioni? Ancora una volta, sarà la Corte costituzionale ad intervenire sulle scelte della politica.

Il governo Letta si prepara, con la legge di Stabilità, a cancellare per il periodo 2014-2016 l'adeguamento automatico al costo della vita delle pensioni, seguendo la strada già indicata dalla riforma Fornero. Ma proprio quest'ultima finisce nel mirino della Consulta. In questo caso, non si parla solo di pensioni d'oro, ma di tutte quelle superiori ai 3mila euro lordi, cioè di circa 1800 euro netti al mese.

Sullo stop, deciso nel 2011 dal governo Monti con il decreto «Salva Italia», alla perequazione delle pensioni superiori a 3 volte il minimo Inps per il biennio 2012-2013, si dovrà pronunciare l'Alta Corte, dopo il ricorso del tribunale di Palermo che ha considerato illegittimo il provvedimento e lo ha trasmesso al Palazzo sul Colle con una ordinanza emessa a novembre dalla sezione Lavoro.

Sulla prossima decisione di conformità costituzionale, pesa una precedente sentenza della Consulta, che riguarda il blocco dell'adeguamento all'inflazione deciso dal governo Prodi: è la numero 316 del 2010.

I giudici costituzionali salvarono allora la norma che riguardava solo un anno, ma avvertirono che la frequente reiterazione di misure intese a «paralizzare il meccanismo perequativo» esporrebbe il sistema ad «evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità». Insomma, si cadrebbe nell'incostituzionalità. Proprio quello che sta succedendo.

In nome dell'emergenza e del rigore causa crisi economica, l'esecutivo dei Professori ignorò il monito dell'Alta Corte. E in questi giorni l'attuale governo si prepara a fare il bis, anche se il provvedimento andrebbe incontro ad un'annunciata bocciatura.

Secondo i giudici palermitani, impedire la rivalutazione delle pensioni come ha fatto la riforma Fornero è contrario alle basi fondanti della nostra Carta. Perchè, scrivono nel ricorso alla Consulta, «pure considerando la discrezionalità legislativa in materia, la norma in questione viola il principio della parità di prelievo a parità di presupposto d'imposta economicamente rilevante, data l'imposizione di misure (non più considerabili transitorie ed eccezionali) incidenti in modo drastico sul trattamento pensionistico solo di alcuni soggetti».

Gli articoli con i quali la norma entrerebbe in contrasto sono una sfilza: il 38 (la mancata rivalutazione impedisce la conservazione nel tempo del valore della pensione), il 36 (proporzionalità tra pensione e retribuzione), il combinato disposto dei questi due con l'articolo 3 (altera il principio di eguaglianza e ragionevolezza, causando una irrazionale discriminazione in danno della categoria dei pensionati), il 53 di universalità dell'imposizione e insieme i 3, 23 e 53 sulla non discriminazione ai fini dell'imposizione, la ragionevolezza nell'esercizio del potere di imposizione e la parità di prelievo a parità di imposte. Nell'ordinanza del tribunale di Palermo si cita anche una sentenza del 2012, in cui l'Alta Corte afferma che «l'eccezionalità della situazione economica» consente al legislatore anche il ricorso a strumenti eccezionali, ma gli impone sempre di «garantire, anche in queste condizioni, il rispetto dei principi fondamentali».

Ce n'è abbastanza per mettere sull'avviso governo e Parlamento.

Salvo, che non si voglia vedere e sentire.

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