Politica

Le lacrime per D'Ambrosio e quell'insopportabile peso delle accuse

Dolore e commozione ai funerali del consigliere giuridico. Il Guardasigilli denuncia l'assalto giudiziario: "La cultura del sospetto fa danni". Napolitano in lacrime

Una stretta di mano alla moglie del consigliere Loris D’Ambrosio e ai figli Silvia, Giulio e Valerio. Poi il capo dello Stato Giorgio Napolitano reprime un singhiozzo. È uno dei molti momenti di commozione durante la cerimonia funebre nella chiesa di Santa Susanna. Napolitano si commuove anche quando si accomiata dal feretro all’uscita della chiesa. "D’Ambrosio ha molto sofferto - ha commentato il ministro della Giustizia, Paola Severino - non riusciva a capacitarsi come potesse essere accusato, con tanta veemenza, di aver voluto interferire su indagini in tema di mafia, proprio la materia che aveva costituito il centro di un suo impegno così intenso". Oggi è il giorno delle lacrime (di coccodrillo) per una vita spezzata dalle accuse arbitrarie, dall'assalto giudiziario, dalla gogna mediatica. Oggi è il giorno dei mancati mea culpa da parte di chi non mosse nemmeno un dito per difendere il consigliere di Napolitano dagli spioni.

Già ieri, alla camera ardente, la politica è accorsa per piangere e rimpiangere una persona che a 64 anni è finito nel tritacarne giudiziario. Il cuore non ha retto. È stato stroncato da un infarto. Adesso le istituzioni tutte fanno il pellegrinaggio, allora nessuno ha alzato la voce per denunciare la pubblicazione delle telefonate con l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino. In chiesa sfilano tutti quanti. L'ultimo addio. D'intorno c'è chi denuncia lo strapotere dei magistrati e chi punta il dito contro quei giornali che, con le procure, hanno un filo diretto e pubblicano indiscriminatamente veline, avvisi di garanzie, intercettazioni e gossip. Tira una brutta aria, insomma. Come nel 1993 quando Raul Gardini si tolse la vita perché preoccupato per la possibile pubblicazione di certi verbali che lo tiravano in ballo. Da allora il sistema non è certo cambiato. I processi si fanno sui quotidiani, la reputazione delle persone vie distrutta a mezzo stampa. "Per D'Ambrosio, che sentiva profondamente la responsabilità di mantenere fermo e costante l’equilibrio tra i poteri dello Stato ed era abituato al riserbo ed alla discrezione - denuncia la Severino - era insopportabile il peso di vedersi addebitata l’accusa di avere, in qualche modo, mancato ai propri doveri, assolti sempre con proverbiale scrupolo e chiara lucidità". Nelle parole del Guardasigilli c'è tutta l'amarezza di una sconfitta che ha radici profonde.

È la stessa Severino, visibilmente commossa, a rivelare che nei giorni successivi alla pubblicazione delle telefonate con Mancino, D’Ambrosio aveva presentato le dimissioni al capo dello Stato che, però, le ha respinte. In un passaggio della sua orazione funebre la Severino denuncia i "danni" che reca alla giustizia e ai cittadini "la cultura del sospetto". In chiesa le letture scelte per le esequie del consigliere giuridico sono tutte incentrate sui temi della giustizia.

"Beati i perseguitati per la giustizia perché di essi è il regno dei cieli", legge il Vangelo di Matteo il cappellano del Quirinale, don Franco Sartori.

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