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Alfano si crede vincitore ma il suo partito zoppica

Alfano lancia un avvertimento a Renzi: "Il suo governo non è monocolore". E si scaglia pure sul "Giornale"

Alfano si crede vincitore ma il suo partito zoppica

Davanti alle telecamere Alfano canta vittoria ma dietro è tutta un'altra storia. «Esordio più che positivo», dice in conferenza stampa ma la realtà è un'altra. I numeri sono numeri: 4,3% pari a 1.199.703 voti su più di 49 milioni di aventi diritto. Che poi sono meno di un milione: 900mila circa perché gli altri sono voti che arrivano dall'Udc. Sopra il quorum per il rotto della cuffia, anche grazie allo scudocrociato nel simbolo che in fondo tira sempre. Tre seggi in Europa: Maurizio Lupi, che lascia il posto a Massimiliano Salini; Lorenzo Cesa, che non c'entra nulla con il Ncd perché udiccino; Giovanni La Via, eletto nelle Isole. Trombati eccellenti: l'ex governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti e il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Anche se Angelino festeggia, il suo partito zoppica. Corre di più al Sud, visti i buoni risultati in Calabria (11,4%), nella sua e di Schifani Sicilia (9,1%) e Puglia (7,1%). Ma nel resto d'Italia è flop: 1,7% in Trentino, 2,4% in Toscana, 3,1% in Piemonte, 3,5% in Veneto, 3,7% in Lombardia. Davanti ai taccuini dei giornalisti Alfano esulta: «Abbiamo superato lo sbarramento alla faccia di chi non voleva»; attacca gli azzurri: «Forza Italia crolla ed è riuscita nel capolavoro di spingere il voto dei moderati verso il Pd»; cerca di salire sul carro del vincitore: «Abbiamo sostenuto questo governo e siamo contenti che gli italiani hanno premiato la governabilità»; avverte il premier: «Renzi abbia chiaro che il suo governo non è un monocolore Pd»; e se la prende con noi: «Un buon risultato nonostante la campagna di aggressione e di offese condotta contro di noi da Il Giornale, il principale quotidiano di centrodestra». Lettura un po' bislacca, quella della vittoria, tanto che sul web si sprecano le ironie: «Tolto l'Udc con cui si è alleato, Ncd vale il 2%. Alfano ha più ministri che punti percentuali».

E ancora: «Ora siete una mezza stampella». E anche: «Il coraggio di Alfano che pensa di aver vinto è ineguagliabile». Nonostante gli sbeffeggiamenti via Facebook e Twitter, il Nuovo centrodestra si interroga. Che fare adesso? Il partito si sente a un bivio. Il dilemma è «Cosa vogliamo fare da grandi?». La strada sembrerebbe segnata: lavorare per ricomporre il centrodestra. La somma dei voti di Fi, Ncd, Udc, Fdi e magari pure la Lega è un gruzzolo di consensi che pesa ancora tanto. Lo stesso Alfano lo dice chiaro e tondo: «Quando avranno chiaro che cosa è successo, aspetto che mi facciano un colpo di telefono...», dice riferendosi ai forzitalioti. Tuttavia, sebbene sulla carta il riavvicinamento con i berlusconiani pare scontato, il percorso è pieno di ostacoli. Domanda clou: chi farà il leader del futuro centrodestra? Ci saranno le primarie? Ci sarà una successione dinastica con l'investitura della figlia Marina? Oppure ci sarà Fitto, che al Sud ha preso una valanga di voti? Oppure il giovane Alessandro Cattaneo che a Pavia ha, ancora una volta, surclassato tutti? Ecco il dilemma di Angelino: rischiare di fare l'eterno secondo. Proprio per scongiurare questo scenario nel partito, anche se i big non si espongono, sale il desiderio di «correre in aiuto al vincitore». Ossia Renzi. Rimanere cioè aggrappati il più possibile al più forte. La ricostruzione del centrodestra passa così in secondo piano e la priorità la sintetizza bene il deputato Sergio Pizzolante: «Gli italiani hanno scelto il governo e noi doppiamo starci; magari meglio di prima, ricavandoci uno spazio prettamente moderato. E dobbiamo cambiare il Paese, fare le riforme e intestarcele.

La costruzione del centrodestra viene dopo».

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