Politica

Un altro crollo a Pompei. Perché ora la sinistra non si straccia le vesti?

Nuovi crolli. Il Pd e Napolitano tacciono, ma quando Bondi era ministro insorsero chiedendone le dimissioni

Il ministro ai Beni culturali, Massimo Bray
Il ministro ai Beni culturali, Massimo Bray

La battuta più bella l'ha fatta Gianfranco Miccichè su Twitter: "Doppiopesismo: se Pompei crolla, ma il ministro non è Sandro Bondi, è tutto ok. Suggerisco slogan a Pd: Don't touch my Bray". Al di là dell'ironia, è palese che, mentre una delle nostre meraviglie continua a perdere pezzi, la politica non accende i riflettori né sulla delicata questione né sul titolare del dicastero dei Beni Culturali. Oggi è caduto un altro stucco in una domus della Regio V, Ins II, n 14. Il danno è sotto gli occhi del pubblico che visita gli Scavi e si affaccia in un retrobottega in via di Nola. Prima gli squarci nelle mura delle Terme, poi il muro di una bottega in via Stabiana venuto giù insieme a una parte di intonaco della Casa della Fontana piccola, ora un altro stucco crollato. Indignazione della politica pari a zero. Riflettori spenti. Quando si insediò al Mibac, il ministro Massimo Bray mise le mani avanti: "Voglio vedere se domani cade qualcosa a Pompei se qualcuno ha il coraggio di dirmi qualcosa. Come si fa a intervenire se non ci sono risorse?". Era il 25 giugno 2013 e, in effetti, da allora fino a oggi nei suoi confronti non è stata mossa nessuna critica. E pensare che nel 2010, all'indomani del crollo della Domus dei gladiatori, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano diede il via al valzer delle bacchettate nei confronti dell'allora ministro Bondi: "Quello che è accaduto dobbiamo tutti sentirlo come una vergogna per l'Italia". Partirono poi le stilettate delle opposizioni. Il Pd accusò Bondi di essere "palesemente inadeguato", e ne chiese le dimissioni insieme con il Psi, l'Idv, l'Udc e Fli. Bondi fu accusato di essere un "ministro inutile (Borghesi, Idv); persino l'ex omologa Giovanna Melandri lo accusò di "gestione fallimentare" (Bondi rispose che nel 2001 quando lei era ministro crollarono un pezzo delle mura aureliane e una parte della Domus Aurea e nessuno chiese le dimissioni). Insomma, la storia si ripete.

E pare che in Italia anche i crolli dei beni archeologici abbiano un colore politico.

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