Politica

Anche per il governo il canone è un pasticcio

Non è una marcia indietro quella di Palazzo Chigi ma quantomeno una presa di coscienza (tardiva) del caos sul "canone speciale" di 407 euro che la Rai pretende dalle partite Iva in possesso di un pc

Anche per il governo il canone è un pasticcio

Nel silenzio della politica, anche - con qualche eccezione - del centrodestra presunto anti-tasse, s'ode una voce, dopo giorni di calma piatta, dalle parti del governo. Parliamo ancora del canone speciale, balzello con cui la Rai sta provando a rastrellare qualche decina di milioni di euro cavando 407 euro da negozianti, artigiani, partite Iva, liberi professionisti, cioè tutta gente che nella maggioranza dei casi usa monitor e pc in ufficio per lavorare, non per guardare le ricette della Clerici sulla Rai. La tv di Stato, però, fa leva sul mero possesso di «apparecchi atti o adattabili alla ricezione del segnale radiotv», come previsto da una vecchia legge (un regio decreto del 1938) aggiornata nel 2012. Non abbastanza, tuttavia, per convincere le migliaia di imprenditori e artigiani che stanno ricevendo le lettere a pagare per un canone non dovuto, e che invece si stanno rivoltando (capitanati da Confartigianato e Cna).

Dopo giorni, finalmente prende la parola il governo, nella figura del sottosegretario all'Economia Giovanni Legnini (in precedenza con delega all'Editoria), che intervistato da 24Mattino su Radio24 ammette il pasticcio: «La comunicazione arrivata a milioni di partite Iva si poteva fare meglio. Si poteva essere più chiari e precisi, individuando meglio i destinatari». Il pasticcio, però, secondo il sottosegretario del governo Renzi è più di forma che di sostanza, insomma si poteva scrivere meglio la lettera, ma il canone speciale c'è e va pagato. «Questa cosa va corretta - ammette Legnini - non è esemplare la chiarezza ma nella comunicazione c'è indicato che chi non è tenuto a pagare perché non dispone di apparecchi di quel tipo può compilare il modulo e dichiarare che non è tenuto a farlo. Se uno per esempio ha un telefonino adibito alla ricezione radio? Non è tenuto a pagare, assolutamente no, altrimenti sarebbero tutti tenuti a pagare. Credo che questo pasticcio, più comunicativo che non impositivo, non si doveva determinare ma non è un'estorsione, non sorpassiamo certi limiti. Capisco la rabbia degli imprenditori, sono persone che lavorano e alle quali non dobbiamo far perdere tempo, ma se il soggetto non ha uno di questi apparecchi non paga. Punto».

Capita però molto spesso che si possegga, per lavoro, un pc, o una chiavetta o un monitor che potenzialmente potrebbe ricevere il segnale Rai, ma che vengono usati per tutt'altro. In tutti questi casi la tv pubblica può richiedere il pagamento e far scattare le sanzioni. A complicare la vita alle imprese ci si è messo anche il governo Monti, che nel 2012 ha infilato nel suo decreto «Salva Italia» l'obbligo per le società di inserire nella dichiarazione dei redditi il numero di abbonamento al canone speciale, nonché la categoria di appartenenza, «ai fini della verifica del pagamento del canone speciale».

L'obiettivo è incassare nuovi abbonamenti, visto che la Rai sconta un'evasione altissima del canone (ordinario e speciale), pari a circa il 30%. Dunque si spara nel mucchio, in base a principio che qualsiasi uso della tv o di un apparecchio assimilabile (punto già discutibile) equivalga ad un uso pubblico dei programmi Rai, come può fare un bar, un ristorante o un hotel. E dunque la Rai invia i bollettini anche a «sportelli bancari», «studi professionali», «uffici». Ma non solo, la Rai, azienda partecipata dal Tesoro, chiede i soldi anche alle Poste italiane, partecipata del Tesoro. Diversi uffici postali stanno ricevendo infatti le lettere di Viale Mazzini per il canone speciale. Con la curiosa coincidenza che uno degli otto consiglieri del Cda Rai, Luisa Todini, è anche il presidente delle Poste. Tutto da cambiare, dice un altro sottosegretario renziano con delega all'Editoria Antonello Giacomelli (mentre Ncd in Regione Lombardia presenta una mozione per l'abolizione del canone speciale). «Dopo quello che è successo - dice il sottosegretario Giacomelli - sono ancora più convinto che occorra una riforma radicale del canone. La riforma cui stiamo lavorando vuole introdurre una modalità del tutto nuova che, sfuggendo a vessazione e impotenza, introduca equità, certezza di risorse e superamento dell'evasione». Canone direttamente in bolletta, ma si studiano anche altre strade.

Purché paghi solo chi deve.

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