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Arriva il primo via libera all'arresto di un renziano

Pd, M5S e Sel dicono sì al carcere per Genovese, accusato a Messina di peculato e truffa Premier in imbarazzo: il verdetto finale della Camera già dalla prossima settimana

Arriva il primo via libera all'arresto di un renziano

Arriva il primo «sì» della Camera alla richiesta d'arresto per un renziano. Ieri la Giunta per le autorizzazioni della Camera ha infatti approvato la richiesta giunta dalla Procura di Messina di restringere la libertà del deputato siciliano del Pd accusato di associazione per delinquere finalizzata alla frode sui corsi di formazione professionale, peculato, truffa e falso in bilancio.

La tegola sulla testa del premier fiorentino era già caduta nello scorso marzo quando i magistrati del capoluogo siculo avevano chiesto alla Camera di poter arrestare Genovese perché sospettato di aver distratto verso società a lui riconducibili 6 milioni di euro di fondi regionali destinati alla formazione professionale. La moglie di Genovese, Chiara Schirò, coinvolta nell'inchiesta, era finita agli arresti domiciliari nei mesi scorsi così come la cognata e tre suoi collaboratori.

D'altronde, che l'ex sindaco di Messina, figlio del senatore Luigi e nipote del ministro Nino Gullotti, rappresentasse un «peso» per il rampantissimo presidente del Consiglio era palese. Non una parola è stata mai spesa da Renzi. Eppure Genovese gli aveva consentito, quando era in corsa per la segreteria del Pd, di aggiudicarsi la delicata partita messinese.

In Sicilia, infatti, i democratici sono divisi per «bande» che fanno riferimento a esponenti come il governatore Crocetta, il chiacchieratissimo Mirello Crisafulli e lo stesso Genovese. In base all'aria che tira il politico siciliano medio sceglie la propria bandiera. Come altri notabili meridionali, Genovese è stato dapprima veltroniano, poi franceschiniano, indi bersaniano e infine renziano. Alle primarie per scegliere i deputati di fine 2012 è stato il nome più votato in Italia tra i vari candidati.

Ieri la Giunta per le autorizzazioni della Camera ha prima bocciato la relazione di Antonio Leone (Ncd), contraria all'arresto in base alla sussistenza di un fumus persecutionis da parte della Procura. Nominato relatore il deputato pd Franco Vazio (favorevole alle misure restrittive), l'arresto è stato votato con una schiacciante maggioranza di 12 a 5. Pd, Sel e M5S hanno dato via libera alla detenzione. Il presidente Ignazio La Russa (FdI) non ha partecipato al voto. Su pressione grillina la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha calendarizzato per la settimana prossima il voto a scrutinio segreto in Aula sulla richiesta di arresto. L'esito appare scontato.

Di sicuro la minoranza renziana del Pd non intenderà farsi mettere sotto tiro su un tema che Beppe Grillo sta sfruttando nelle tappe sicule della campagna elettorale. Anche per questo motivo, è stato deciso di non rinviare a data successiva al 25 maggio il dibattito. «Abbiamo maturato un orientamento basato sull'esame dei fatti, mentre altri danno l'impressione di voler strumentalizzare la vicenda», ha commentato Anna Rossomando, capogruppo Pd (di area cuperliana) in giunta per le autorizzazioni.

Da una parte la Procura di Messina accusa Genovese di aver «gonfiato» le fatture per l'acquisto di beni e servizi di enti di formazione a lui riconducibili.

Dall'altra parte il Pd renziano scarica «Mister ventimila preferenze», secondo deputato - dopo il pidiellino Alfonso Papa - a rischiare la galera senza accuse di omicidio a carico.

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