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Artigiani e manager le vittime del fisco

Sono oltre 40 i casi di suicidio dall'aprile del 2012. Con l'incubo di licenziamento e cartelle esattoriali

Artigiani e manager le vittime del fisco

Roma - Dormono sulla collina. Una collina di debiti e di disperazione. Dormono sulla collina nella Spoon River degli imprenditori soli, sull'orlo del fallimento, senza futuro ma con tanta vergogna. Degli uomini e delle donne senza lavoro. Di chi il lavoro ce l'ha ma teme di perderlo. Di chi si vede arrivare una busta bianca in casa e non riesce a rialzarsi. Non conta quale sia il debito: a volte poche migliaia di euro bastano a rendere la terra più lieve dell'aria, l'abisso più desiderabile del futuro.
Sono decine i concittadini che si sono tolti la vita causa crisi economica negli ultimi mesi. Killer di se stessi che obbediscono a un solo mandante: la mancanza di ogni prospettiva. Un conteggio probabilmente approssimato per difetto registra almeno quaranta casi dall'aprile del 2012, da quando cioè il fenomeno è diventato palese. Qualcun'altro ne conta un centinaio negli ultimi anni. L'ultimo caso è di qualche giorno fa: a Frosinone il dirigente del deposito locale di una multinazionale delle spedizioni si toglie la vita in azienda dopo aver perso un'importante gara d'appalto: la paura? Perdere il posto e farlo perdere alle decine di dipendenti. Prima di lui, erano stati un disoccupato calabrese, un dipendente modenese, un'altra disoccupata marchigiana, una barista torinese, un ambulante sempre di Torino, un odontotecnico padovano, un ristoratore di Chianciano.
Volti anonimi, uomini e donne con gli occhi bendati, in piedi contro un muro, davanti un plotone di esecuzione che spesso ha le fattezze di una cartella esattoriale. Puntate! Fuoco! Come quell'agente di commercio della provincia di Padova che a giugno del 2012 riceve una richiesta di 117mila euro da Equitalia. Esce di casa, non dice niente a nessuno, con la sua auto si reca sul greto del fiume Brentella, scrive tre biglietti («Mettermi in proprio è stata la mia rovina»), scende e si butta in acqua. Come quel piccolo imprenditore della provincia di Caserta da anni trasferito a Bologna che nel marzo 2012, assediato dai debiti con il fisco, arriva davanti alla sede di Equitalia del capoluogo emiliano sulla sua Fiat Punto, aspetta un po', non sa che cosa fare e così dà fuoco all'auto e a se stesso.
Storie comuni, mica ci vuole tanto. Qualche scelta sbagliata, un fornitore che non paga, un contratto non chiuso, il fiato rotto, la vergogna che spinge a non guardare più i familiari in faccia. Uno studio americano pubblicato sul Journal of Public Health ha preso in considerazione gli otto decenni tra il 1928 e il 2007 mettendo in evidente correlazione l'aumento dei casi di suicidio nelle fasi di recessione economica. Nel 2008-09 ci fu il caso di France Telecom: crisi profonda, molti lavoratori licenziati o messi in mobilità e 23 suicidi in soli diciotto mesi. Una follia, una realtà.
Gli esperti spiegano che la disperazione è contagiosa, che ogni suicidio prepara la strada a quello successivo. Lo chiamano effetto Werther, dal nome dell'eroe di Goethe che si toglie la vita per una donna e che ispirerà tanti tristi imitatori che avevano letto il romanzo. Quello che gli studiosi non dicono è che uccidersi per amore ha una sua romantica grandezza, farlo per un debito con pochi zeri è semplicemente spaventoso.

Ma è la crisi, bellezza.

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