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Assente, silenzioso, svagato Il papà non conta più nulla

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Cottone a pagina 15

Datemi pure del mammone, ma non mi stupisce che per il 33 per cento dei giovani, fra i 18 e i 30 anni, la figura di riferimento sia la mamma, e soltanto per il 9 per cento il papà. Mettetevi davanti a una scuola elementare o media, la mattina, e vedrete che per ogni dieci madri, ad accompagnare o a prendere (...)

(...) i figli, c'è meno di un padre. La mamma accudisce, vigila, coccola, è la vera dispensatrice di premi e punizioni, la mamma aiuta i figli a fare i compiti, consiglia nelle competizioni con i compagni, la mamma c'è.
È lei, come quasi sempre in natura, a introdurre bambini e adolescenti nella comprensione del mondo, e che li prepara ad affrontarlo. Poco o niente vale, ormai l'antica e stantia divisione dei compiti per cui il padre è una specie di ministro degli Esteri, addetto a trasmettere la conoscenza di tutto ciò che è fuori della famiglia, mentre alla donna di casa spetta il ruolo di ministro degli Interni, angelo del focolare o demonio del battibecco che sia. Si tratta di una distinzione che valeva quando le femmine non lavoravano, parlavano solo con altre donne e non erano interessate ad altro che al bozzolo e al nido.
Sfido La Palice, e vinco in ovvietà, sostenendo che oggi le femmine hanno gli stessi interessi, le stesse conoscenze, lo stesso peso e la stessa autorità dei maschi. Che spesso si distinguono soltanto per una maggiore conoscenza, quasi sempre teorica, del calcio, tanto che la maggior parte dei padri è punto di riferimento - anche per i figli maschi - soprattutto per la scelta della squadra del cuore e per spiegare cos'è il cucchiaio di Totti.
Analizzando la fascia d'età fra i 18 e i 30 anni, il risultato della ricerca dell'Istituto Giuseppe Toniolo appare ancora più chiaro: le loro mamme appartengono già alla generazione informatica, usano computer e internet, sanno cosa sono Instagram, Facebook e Twitter, spesso anzi il rischio che corrono i ragazzi e di incontrarle lì, come coetanee. E quindi addio all'esclusiva del ministero degli Esteri ai padri: gli Esteri, per i ragazzi, sono lì, sul web. La quantità di mamme che lavora fa il resto, e per quelle che non lavorano (fuori) appaiono periodicamente inchieste e studi per spiegare - a ragione - che il loro lavoro in casa (pulizie, accudimento, cucina, assistenza scolastica, psicologica ecc.) vale oltre 7000 euro al mese, quasi sempre più di quanto guadagna il marito.
Al di là di tutte queste considerazioni, ce n'è una regina. La Palice beccati questo 2 a 0: la mamma c'è quasi sempre, per i figli, anche quando lavora, il padre quasi mai. È indicativo, nella ricerca, che i giovani uomini, già adulti ma sempre legatissimi alla famiglia, sentano il bisogno di una figura che abbia la capacità di ascoltare senza giudicare, sintesi di un comportamento materno teso a capire più che a sentenziare; il padre invece, sempre secondo una tradizione antica quanto obsoleta, di professione sentenzia, dopo una breve audizione regale. Distratto dalla propria maschia presenza nel mondo, annoiato dalla difficoltà di comunicare con un infante che non ha avuto attaccato al seno, e che frigna, il padre rinvia volentieri il momento di comunicare finalmente con i figli. Lo rinvia a quando saranno adolescenti, bell'appunto il momento in cui è più difficile comunicare con loro, e in cui si è già scavato l'abisso per cui se godi già della mia fiducia bene, se no dammi cinquanta euro per uscire con gli amici e lasciami in pace.
Ma tutto ciò non è una buona notizia.

Meglio sarebbe stato un pareggio fra madri e padri: quello a cui, personalmente, punto.

Twitter: @GBGuerri

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