Cronache

Il bambino autistico rinato grazie a un gattino randagio

A casa del piccolo Fraser la vità è sempre stata difficile. Fino a quando non è arrivato Billy, micio abbandonato. Che ha ridato colore a un mondo buio

Il bambino autistico rinato grazie a un gattino randagio

Vivono in un mondo ovattato e la loro esistenza è ingabbiata in una ragnatela che filtra i fasci improvvisi di luce, i rumori forti e soprattutto la comunicazione sensoriale, lasciando spazio a gesti ossessivi, a un ordine maniacale. Sono gli autisti, immortalati in quel magnifico film che è Rain Man - L'uomo della pioggia, dove un monumentale Dustin Hoffman interpreta Ray, il ragazzo autistico la cui vita è scandita dallo sciroppo d'acero che deve essere sul tavolo prima delle frittelle e dalla luce che si spegne alle 23, quando il cervello chiede un meritato riposo, dopo avere contato, in tre secondi, i 446 stuzzicadenti caduti accidentalmente dalla scatola in mano alla cameriera.
Spesso non permettono a nessuno, tranne agli stretti parenti, di introdursi nel loro mondo virtuale, talora neanche di avvicinarsi, specialmente con le mani e il contatto fisico. Per questo, tra la loro vita e la società si oppone una barriera invalicabile.
Quando la mamma Louise, 38 anni, casalinga a tempo pieno e il padre Chris, elettricista di 43 anni, hanno notato i primi sintomi della malattia, Fraser aveva attorno ai 18 mesi di età. «Ci siamo accorti che qualcosa non andava nel comportamento di Fraser: troppe urla, troppa eccitazione e soprattutto quell'ignorare qualunque gioco gli fosse offerto! No, decisamente qualcosa nel suo comportamento, non era normale». Poche visite, qualche prova comportamentale e i coniugi ascoltano in silenzio la sentenza degli psichiatri: autismo. Non c'è nessun farmaco utile, ma solo la pazienza dei genitori e il supporto dello psicologo che, dopo un lungo percorso, talvolta riesce a proiettare nel mondo reale, almeno una parte della vita di queste persone.
Fraser però non migliora e mamma Louise ha avuto l'intuizione giusta. Lo ha portato in un gattile vicino ad Aberdeen (Scozia) dove il bambino è stato subito attirato dalla presenza di un gatto abbandonato dal suo proprietario. Louise decide di portare a casa questo bel micione bianco e grigio scuro che verrà chiamato Billy. Da quel momento Fraser mostra miglioramenti insperati. É molto più calmo, diminuiscono i movimenti maniacali, permette a Billy, di toccarlo, strofinare il muso sulle sue mani, salirgli sulla schiena. Addirittura è lui che lo va a cercare fin dall'ora della sveglia e della colazione. Tutto il giorno sono assieme e se Fraser ha una giornata storta, pare che Billy lo capisca. In tal caso lo va a cercare nell'angolo dove sconta la sua solitudine e allunga una zampetta delicatamente, con le unghie ben retratte. Dopo pochi minuti scendono in cortile e, sotto l'occhio vigile di mamma Louise, giocano come fossero due bambini. Poi, la sera, Fraser si getta sul letto e Billy gli dorme accanto cullandolo con poderosa fusa, mentre mamma Louise gli racconta la favola della notte.
Ora Fraser non è pià chiuso nel suo mondo di fitta nebbia e di ostilità e questo grazie a un gatto. Oggi abbiamo la pretesa di capire perché gli animali si comportano così, quali sono i meccanismi che fanno scattare queste situazioni.

Giusto studiarli, ma ancora più saggio tener conto di quanto scriveva Goethe: «L'uomo deve indagare l'indagabile e accettare serenamente quello che non lo è».

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