Politica

Berlinguer, il leader santificato dalla sinistra

Veltroni gli ha dedicato un docufilm dove non c'è neanche mezza critica

Berlinguer, il leader santificato dalla sinistra

Enrico Berlinguer fa ancora litigare. Qualche settimana fa Casaleggio invitò la piazza a gridare il suo nome, strizzando l'occhio alla sinistra post comunista rimasta legata al mito del segretario che aveva posto all'attenzione di tutti la "questione morale". Per tutta risposta Renzi gridò in faccia ai grillini: "Sciacquatevi la bocca prima di pronunciare il nome di Berlinguer". Come a metterli in guardia dal non provarci nemmeno ad appropriarsi di quell'eredità. A trent'anni dalla morte il ricordo del leader del Pci continua a tenere banco nella politica italiana.

Walter Veltroni gli ha dedicato un film-documentario ("Quando c'era Berlinguer"), presentato a marzo e trasmesso da Sky. Un lavoro interessante e ben confezionato, ma esclusivamente agiografico. Perché nei suoi 117 minuti non c'è mai una critica, neanche velata, al pensiero e all'azione di Berlinguer. Comunque la si pensi, la domanda sorge spontanea: possibile che non abbia mai commesso un errore, una svista o una sbavatura? Certo che è possibile. Ma il lavoro di Veltroni va dritto al suo scopo, la santificazione (politica). Non c'è spazio all'analisi critica. C'è solo l'incenso, l'esaltazione. Solo un piccolissimo dettaglio sfugge all'autore. A un certo punto parla con enfasi di un'intervista, realizzata da Berlinguer con una speciale diretta tra Roma e Milano, e vengono esaltate le nuove tecnologie legate alla tv. Si sottolinea che il Pci così facendo intendeva archiviare l'antica ostilità nei confronti della tv a colori, rea di portare avanti un "peccaminoso" modello culturale consumistico, quanto mai "pericoloso" per il Paese. Negli anni Settanta i comunisti si affacciavano con forte ritardo alla modernità. Ma nel docufilm non si calca la mano, solo un timido accenno en passant.

Sotto la guida del leader sardo i comunisti italiani raggiunsero il loro massimo storico risultato elettorale, ottenendo il 34,4% nelle Politiche del 1976 (la Dc arretrò al 38,7%). Niente in confronto al 40% preso da Renzi alle ultime Europee, ma il Muro di Berlino era ancora ben saldo e l'Unione sovietica viva e vegeta. Tre anni prima, dopo il golpe in Cile che aveva portato al potere il generale Pinochet, il leader del Pci aveva lanciato la sua proposta di "compromesso storico": l'alleanza tra la Dc e il Pci per governare insieme il Paese interrompendo, così, la conventio ad excludendum del secondo partito italiano dal governo. Un'emarginazione che non era nata a caso, ma in considerazione del fatto che il Pci, guardando l'esperienza sovietica come un modello a cui ispirarsi, non poteva essere una forza affidabile dal punto di vista democratico (il cosiddetto bipartitismo imperfetto).

Tra la fine degli anni Sessanta e i primi dei Settanta, pur rifiutandosi di strappare del tutto il cordone ombelicale da Mosca, Berlinguer lanciò il cosiddetto "eurocomunismo", rivolto ai partiti comunisti di Francia, Spagna e Italia, a cui si aggiunsero poi i comunisti inglesi. Si trattava di un progetto marxista intermedio al leninismo e al socialismo, che non rinnegava, ma anzi esaltava il metodo democratico. Non voltava le spalle al comunismo ma tentava di reinventarlo. Il compromesso storico fallì. Nel 1976 Andreotti formò un governo monocolore, con l'appoggio esterno del Pci, ma l'offensiva delle Brigate rosse, che giunsero al sequestro e all'uccisione del leader Dc, Aldo Moro (interlocutore di Berlinguer nell'ipotetico asse Dc-Pci), mandò in soffitta il disegno politico volto a far governare insieme le due forze che da sempre si erano combattute fin dal Dopoguerra.

Berlinguer ebbe un pessimo rapporto con Bettino Craxi, il leader autonomista del Psi (di scuola nenniana) che aveva rinunciato al marxismo. Nel docufilm di Veltroni si vede Craxi "domare" il congresso socialista di Verona (1984), che aveva accolto Berlinguer sommergendolo di fischi. Craxi giustificò i suoi, dicendo loro più o meno questo: i fischi non sono alla persona ma alla politica sbagliata che questi porta avanti, io non mi unisco solo perché non so fischiare. Con quelle parole scavò un fossato tra Psi e Pci. E le distanze si acuirono con l'avvento del leader socialista a Palazzo Chigi. Ormai non c'era più spazio per i tentennamenti e le trattative. I socialisti erano stabilmente al governo, schierati con gli Stati Uniti (euromissili in risposta alla minaccia dell'Urss), contro la scala mobile e per la modernizzazione del Paese. Berlinguer era dall'altra parte della barricata, cercava di salvaguardare il proprio zoccolo duro di voti ma perdeva di vista i ceti emergenti. Non riuscì a superare mail il comunismo dando vita a una moderna forza di sinistra democratica in grado di competere per la guida del Paese. Forse non si rese mai conto della necessità di questa "rottamazione".

E non si staccò mai del tutto dall'abbraccio con Mosca: i rubli continuarono ad arrivare regolarmente a Botteghe oscure, nonostante la "superiorità morale" dei comunisti.

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