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Berlusconi piega i governativi: ho i numeri, subito l'assemblea

Consiglio nazionale di Fi il 16 novembre. "Gli elettori ci chiedono unità". E avverte Letta: "Così com'è non votiamo la Stabilità"

Berlusconi piega i governativi: ho i numeri, subito l'assemblea

Berlusconi sfida Letta e gli alfaniani. Al premier non farà sconti sulla legge di stabilità: «O cambia o non la votiamo», concorda con i suoi. Mentre sul partito accelera: «Parlerò io ad Angelino e faremo il Consiglio nazionale il 16 novembre». Prendere o lasciare. Il Cavaliere scrive una nota che è un appello all'unità: «L'auspicio di unità e di concordia del nostro movimento ci viene chiesto con forza anche dai nostri militanti e dai nostri elettori che desiderano un centrodestra unito in grado di raggiungere la maggioranza nel voto e capace di dare risposte concrete alla grave crisi economica e sociale del nostro Paese», dice. Ma a questo punto i governisti devono piegarsi: «Ho appreso con soddisfazione che il documento politico votato all'unanimità dall'ufficio di presidenza del Pdl è già stato sottoscritto da una amplissima maggioranza dei componenti del Consiglio nazionale. Mi auguro che, nell'interesse dell'unità del nostro movimento, si possa raggiungere ancora più ampia condivisione». Quando? «Una rapida e positiva conclusione della dialettica che si è avviata in questi giorni verso il rilancio di Forza Italia - conclude -, ci consentirà di poter convocare il consiglio nazionale nel più breve tempo possibile». La data che circola è quella di sabato 16 novembre.

Per tutto il giorno è un via vai a palazzo Grazioli. L'ex premier riceve soprattutto lealisti e mediatori: Fitto, Verdini, Bondi; ma anche Romani, Letta, Matteoli, Gasparri e Caldoro. Questi ultimi sono i più attivi nel metterlo in guardia dal far saltare il banco subito dopo il voto sulla decadenza anche se la pancia di Berlusconi lo vorrebbe. Al Cavaliere non va giù il metodo, oltre che la sostanza: «Solo perché mi chiamo Berlusconi stravolgono regolamenti e prassi parlamentari. È inaccettabile». Ne convengono tutti. La tentazione allo strappo c'è ma è accantonata. Per ora. Sono soprattutto Matteoli, Gasparri e Romani a predicare che la bussola delle prossime mosse debba essere l'unità del partito. «Con una Forza Italia lacerata non si vince». Berlusconi annuisce. «Lo dirò ad Angelino: devono firmare tutti il documento degli 8 punti uscito dall'ufficio di presidenza». Cosa che fa già in serata quando il vicepremier varca il portone di Grazioli.
Governo sano e salvo, quindi? No perché quando si passa a parlare della legge di stabilità, si parla in coro: «Il provvedimento così com'è non lo votiamo. Altrimenti che ci stiamo a fare al governo?». O si cambia o sarà crisi. Anche su questo terreno il Cavaliere rassicura tutti: «Faremo così, lo dirò ad Angelino».

Alfano resta l'unico interlocutore della truppa dei governativi con cui i rapporti sono ormai tesissimi. E non ha fatto piacere la mossa dell'appello dei 22 senatori-innovatori a Grasso: «Siamo un partito, non ci si muove così, in completa autonomia», si sfoga un lealista presente a Grazioli. Berlusconi ora pretende chiarezza. Ecco perché dà il suo nulla osta ad anticipare la data del Consiglio nazionale del Pdl. Quasi certa la data del 16 novembre. Sarà il giorno della verità: verrà riproposto il documento con il quale si riafferma la leadership di Berlusconi e chi ci sta, ci sta. Altrimenti: prego andare. «Il Cavaliere è determinato; deluso ma non arrabbiato», giurano. E lui stesso lo dice nell'ultimo libro di Bruno Vespa «Troppi giornali hanno titolato “l'ira di Berlusconi” - dice in riferimento ai quotidiani in edicola ieri -. Io posso essere preoccupato, deluso, amareggiato ma l'ira proprio non mi ha mai posseduto». E, sulla decadenza, ripete: «Mi pare tutto chiaro. Come dice una vecchia canzone di De Gregori, “Non c'è niente da capire”. L'atteggiamento della sinistra, e non solo, è ormai sotto gli occhi di chiunque abbia anche soltanto un minimo di onestà intellettuale. Ma hanno commesso un autogol; gli italiani hanno capito che vogliono eliminarmi per sempre dalla vita politica perché mi considerano l'ultimo ostacolo alla loro definitiva presa del potere. Ma la partita è ben lontana dal fischio finale.

La sentenza che mi ha condannato è fondata su delle falsità e sarà ribaltata molto presto».

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