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Berlusconi: la sentenza? Un avvertimento mafioso

Silvio Berlusconi teme che l’interdizione dai pubblici uffici possa rivelarsi una bomba a orologeria nella prossima legislatura. "Viene voglia di mollare tutto, ma non gli darò questa soddisfazione. I pm vogliono vedermi morto e neppure così saranno contenti"

Berlusconi: la sentenza? Un avvertimento mafioso

I toni sono concitati, a volte perfino accesi nell'improvvisata riunione di famiglia che si tiene in quel di Arcore. Alla fine di una delle giornate più difficili, Berlusconi ha sì in parte metabolizzato quella che considera una vera e propria «barbarie», ma l'irritazione – termine ovviamente niente affatto appropriato e di molto edulcorato – resta tutta. Una sentenza «incredibile», «vergognosa», «politica». Soprattutto «scontata».
Ed è questo il punto. Perché - al di là di quel che racconta l'ufficialità - sono giorni che l'ex premier va dicendo in privato che «l'assedio delle procure non si è fermato» e che «andranno avanti finché non mi vedranno morto». In una telefonata di qualche giorno fa con un ex ministro il Cavaliere è stato piuttosto chiaro: «Sono pronti a condannarmi per Mediaset, poi mi terranno sulle spine fino a gennaio con Ruby dove arriverà ovviamente un'altra condanna. Tutto già scritto, tutto secondo copione. E siccome non si accontentano mai ci sono già altre tre procure che stanno indagando su varie ed eventuali...».
Con chi ha occasione di sentirlo al telefono il Cavaliere è un fiume in piena, niente a che fare con lo sfogo – comunque duro – ai microfoni di Studio Aperto. Si aspettava la condanna, certo. Ma forse non le pene accessorie (l'interdizione per cinque anni dai pubblici uffici) né i dieci milioni di euro da risarcire all'Agenzia delle Entrate. «Vogliono vedermi morto e neanche così sarebbero contenti», si sfoga Berlusconi in privato. «Viene voglia di andarsene, mollare tutto e lasciare un Paese così», arriva a confidare. Ma «non gli darò questa soddisfazione», aggiunge in una delle tante telefonate della giornata. Anzi, «bisogna reagire a questa barbarie», bisogna «fare qualcosa» perché «non si può rimanere inermi».

Il punto è che il Cavaliere resta convinto che si tratti di una «sentenza mafiosa», una sorta di «avvertimento». A fare due conti, infatti, l'interdizione dai pubblici uffici potrebbe diventare una vera e propria bomba ad orologeria nella prossima legislatura. La prescrizione per il processo in questione dovrebbe scattare a fine 2013 (c'è chi dice nel 2014) ed è possibile che entro quella data si riesca ad arrivare a sentenza definitiva. Definitiva e dunque esecutiva. Il che significa che se il prossimo anno Berlusconi tornerà ad essere eletto in Parlamento, nel 2014 calerà sulla sua testa la spada di Damocle dell'interdizione dai pubblici uffici nel caso in cui appello e Cassazione dovessero confermare la sentenza.

A quel punto, infatti, alla Giunta per le elezioni della Camera (o del Senato a seconda di dove siederà il Cavaliere nella prossima legislatura) verrebbe notificata la sentenza definitiva per verificare se Berlusconi ha titolo o no a sedere in Parlamento. E il tutto dovrebbe essere rimesso al voto della giunta prima e dell'aula poi. Nel 2014, insomma, il Parlamento potrebbe trovarsi a votare sulla legittimità di Berlusconi a sedere alla Camera o al Senato. Definirla una bomba ad orologeria è un eufemismo. Non solo per il Cavaliere, ma per la politica tutta perché è chiaro che difficilmente si arriverà alla cosiddetta Terza Repubblica continuando a tenere Berlusconi sulla graticola e mettendolo all'angolo sotto il profilo giudiziario.
Anzi. Esattamente il contrario. «Ho subito più di 60 procedimenti, più di mille magistrati si sono occupati di me e il mio gruppo ha avuto 188 visite della Polizia giudiziaria e della Guardia di finanza. Ci sono state 2.666 udienze in questi 18 anni e ho dovuto spendere più di 400 milioni in parcelle di avvocati e consulenti», ripete Berlusconi ai suoi interlocutori. Ed è con loro che torna ad ipotizzare di restare in prima linea, perché «se l'accerchiamento continua bisogna difendersi in qualche modo».

Difficile dire come finirà.

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