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Bersani ossessionato: il fantasma del Cav torna a fargli paura

Il segretario Pd ripesca l'antiberlusconismo anche per occultare le divisioni a sinistra con Sel. E se la prende persino coi giornali

Bersani ossessionato: il fantasma del Cav torna a fargli paura

«Per l'ennesima volta i giornali titolano con le chiacchiere di Berlusconi. Noi ci occupiamo dell'Italia», ha tuonato Pier Luigi Bersani incontrando ieri la stampa estera (che peraltro, con il ritorno del Cavaliere, ha finalmente ritrovato qualcosa da scrivere) per illustrare all'opinione pubblica internazionale il piano di battaglia della sinistra italiana.
Piano semplice quanto stringente: noi, ha detto Bersani, «avremo una maggioranza numerica e politica»; dopo le elezioni, però, siccome siamo «generosi e aperti», faremo un'alleanza con «le forze del centro europeista e costituzionale» e manderemo Monti al Quirinale. E perché quest'alleanza non la si fa prima, così che gli elettori possano decidere? Forse perché non saranno i programmi (incompatibili) ma le poltrone a cementare un'alleanza da Vendola a Montezemolo, passando per Casini e magari anche per qualche pidiellino pentito. Ma di questi dettagli Bersani non si cura.
La sua unica vera preoccupazione, il fantasma che non lo abbandona forse neppure di fronte alla proverbiale birra, la dolce ossessione da cui non riesce a separarsi, indovinate un po'? È ancora una volta Silvio Berlusconi. Nei confronti del quale Bersani non sempre riesce a nascondere una certa invidia per le prime pagine che sono tornate ad occuparsi del Cavaliere, dopo l'ubriacatura mediatica delle primarie del centrosinistra, e per i talk show che ad ogni ora del giorno chiedono a chiunque sia ospite in studio un parere su Berlusconi, un pronostico sul suo ritorno, un'opinione a prescindere.
«Non intendo fare la prossima campagna elettorale su Berlusconi sì-Berlusconi no. Noi ci occupiamo dell'Italia, la nostra priorità è il lavoro», ha insistito Bersani: ma il sapore è quello della giustificazione non richiesta, che è poi un altro modo per parlare di Berlusconi.
Del resto, i commenti, le interviste, le dichiarazioni rilasciate da dozzine di politici, commentatori, intellettuali e comici organici alla sinistra sono state un vero e proprio diluvio, una specie di ripasso generale della voluminosa enciclopedia dell'antiberlusconismo compilata in questi vent'anni. E se i media si occupano di Berlusconi, non è soltanto perché la notizia c'è, ma anche e soprattutto perché è di quelle notizie destinate a generare un fiume di chiacchiere, di insulti, di appelli, di recite a soggetto.
Ma Bersani non si rassegna, e l'ossessione prende ogni volta il sopravvento: «Berlusconi sta cercando di salvare il salvabile - insiste - e di mettersi al centro della scena con delle giravolte che durano mezz'ora». Il risultato, secondo Bersani, è che «le chiacchiere tornano in prima pagina e i problemi veri in quattordicesima. Questa è la forza di Berlusconi». Sarà, ma ogni volta che si sfiora un «problema vero» si apre a sinistra un problema altrettanto vero: l'incompatibilità fra Pd e Sel.
Ieri Bersani ha tentato di rassicurare la platea internazionale lodando la serietà di Vendola e relegandolo però nel giardino d'infanzia dell'ambientalismo e dei diritti civili. Ma non più tardi di ventiquattr'ore prima il governatore della Puglia aveva bruscamente stoppato le avances di Bersani ai centristi: «Se c'è l'agenda Monti, non ci sono io». E se ieri Bersani ha assicurato che da palazzo Chigi non cambierà la riforma Fornero, neanche nella parte che riguarda l'articolo 18, contro questo stesso articolo Vendola ha raccolto le firme per un referendum abrogativo.
Ma proprio qui Berlusconi torna utile: per occultare le divisioni della sinistra, non c'è niente di meglio di una lenzuolata di antiberlusconismo. Può darsi che il Cavaliere alla fine preferisca fare altro, e non candidarsi a Palazzo Chigi: ma se dovesse restare in campo, c'è da giurare che in prima pagina ci andrà anche grazie alla magnifica ossessione che ha nuovamente travolto il Pd.



di Fabrizio Rondolino

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