Politica

Bersani è sempre più isolato: il Pd preme per l'accordo col Cav

I big del Pd bocciano quella che definiscono una strategia kamikaze. Entrambi i capigruppo disposti a dialogare col Pdl: "Obbligati a trovare un'intesa"

La silhouette del segretario del Pd Pier Luigi Bersani
La silhouette del segretario del Pd Pier Luigi Bersani

Il malumore nei confronti di Pier Luigi Bersani e della sua strategia kamikaze covava già da un po'. Sono bastati gli strappi di Dario Franceschini e Rosy Bindi per aprire una vera e propria falla nella leadership del segretario democratico. Uno dopo l'altro stanno uscendo allo scoperto: trovare un accordo con il Pdl è possibile. Anche Roberto Speranza, capogruppo dei deputati del Pd, è disposto a confrontarsi con il centrodestra: "La legittimazione di Berlusconi arriva dai voti, i nostri non sono di serie A e i loro di serie B". Insomma, il leader piddì che all'indomani delle elezioni ha sempre portato avanti la linea tenera con il M5S e dura con il Pdl, è sempre più isolato.

"È finalmente caduto il muro di Berlino", sembra azzardare qualche esponente del centrodestra. Bersani tira dritto per la sua strada, ma l’impressione, per dirla con un dirigente Pd, è quella di un segretario nel bunker. Finché era il sindaco Matteo Renzi a spingere per un accordo con Silvio Berlusconi, il leader del Pd poteva anche far finta di nulla. Adesso, però, sono sempre di più i big di via del Nazareno che si smarcano dalla linea del "mai con il Pdl". "Quando sarà finito il lavoro dei saggi nominati da Napolitano - è il ragionamento che fa più di qualcuno tra i democratici - sarà necessario decidere cosa fare di fronte a un "no" sempre più conclamato dei grillini e al fatto che il ritorno al voto, con questa legge elettorale, piace davvero a pochi". Per questo nel Pd si fa sempre più largo l’ipotesi di un dialogo con il Pdl, anche sul governo, con il "paletto" del no a un governissimo. È la linea indicata anche da Franceschini che nell’intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera ha sdoganato il dialogo con il Pdl, sottolineando che è arrivato il momento di confrontarsi anche con il Cavaliere. Parole confermate in serata al Tg1 in un’intervista nella quale Franceschini ha definito le otto proposte lanciate da Berlusconi delle "idee da mettere sul piano del confronto".

Intervistata da Repubblica, la vicecapogruppo del Pdl alla Camera Mariastella Gelmini ha auspicato che "la sinistra abbandoni l’antiberlusconismo" affinché il confronto possa incentrarsi sulle priorità del Paese. Una speranza che sembra farsi sempre più concreta. Dopo l'apertura di Franceschini, sono stati infatti molti i big del Pd a voltare le spalle a Bersani per aprire al dialogo. In una intervista al Corriere della Sera, Speranza invita il proprio partito a non avere paura di confrontarsi. "Non significa fare un governo con ministri del Pd e del Pdl - si è affrettato a puntualkizzare - la prospettiva non è una formula politicista come il governissimo, è quel governo di cambiamento di cui l’Italia ha bisogno". E, per il capogruppo dei deputati piddì, il confronto sul futuro inquilino del Quirinale può essere proprio l'occasione per "creare le condizioni migliori per far nascere il governo". Della stessa idea è anche il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda che, in una intervista all'Unità, spiega come il dialogo tra sinistra, centro e destra sia obbligatorio per fare le "riforme di grande portata". "Non sarebbe un inciucio, ma senso di responsabilità", si è affrettato a far presente il senatore Nicola Latorre ricordando che Beppe Grillo ha scelto di "non utilizzare i suoi voti per costruire una proposta di governo: ne consegue che centrosinistra e centrodestra sono obbligati a trovare un’intesa".

All'interno del Pd, però, non tutti vedono di buon occhio il dialogo con l'eterno nemico. "Benché i bersaniani neghino, minimizzino, raccontino dei contatti continui tra Dario e Bersani, il Pd è alla svolta forse più drammatica dei suoi 7 anni di vita e della sua scommessa politica", si legge in un retroscena pubblicato da Repubblica in cui emerge tutta la fragilità della leadership di Bersani e la frammentazione del Partito democratico. Del resto in diverse aree del partito, dai lettiani ai dalemiani, ma anche tra i big, come Walter Veltroni o Anna Finocchiaro, ci si interroga su come uscire da una situazione "bloccata". Una preoccupazione attribuita dal Secolo XIX anche alla Bindi in un’intervista che però lei si è affrettata a smentire. "Bersani non sa più che fare e il partito è fermo, senza prospettiva", avrebbe detto la presidente dell’Assemblea Pd nel colloquio giornalistico che il quotidiano ha invece confermato. La tensione è comunque palpabile nel partito alla vigilia di una settimana cruciale nella quale Bersani dovrebbe incontrare proprio Berlusconi nel tentativo di trovare un accordo sulla scelta del prossimo primo inquilino del Quirinale.

"Tra dieci giorni andiamo a votare il capo dello Stato - ha sintetizzato ieri Pippo Civati - e se va avanti così ci arriviamo stremati".

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