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Bologna, il grillino Giovanni Favia ammette: pago per andare in tv. E scoppia il caso

Repubblica lancia il caso: il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Giovanni Favia compra spazi in tv con i soldi pubblici. Lui ammette candidamente: "L'informazione non è libera, continuerò a pagare per andare in tv". Ma la base grillina s'infuria

Beppe Grillo con il grillino Giovanni Favia
Beppe Grillo con il grillino Giovanni Favia

Grosso guaio per Beppe Grillo. Ve la ricordate la fatwa che aveva scagliato durante l'ultima campagna elettorale? Al bando le televisioni: è severamente vietato ai candidati del Movimento 5 Stelle rilasciare interviste tv. Un editto talebano che aveva creato non pochi mal di pancia all'interno dei pentastellati. Un precetto che era stato violato, per primo, proprio dal leader supremo che si è sempre concesso interviste fiume a quotidiani e televisioni straniere. Un po' come dire: qui comando io e faccio quello che voglio, anche concionare per ore davanti alle telecamere.

Adesso la questione, come un boomerang, torna dritta in mezzo alla fronte del nonpiùcomico. A Bologna, capitale morale e serbatoio di voti del grillismo, è scoppiato il caso dei politici (tutti) che utilizzano soldi pubblici per pagarsi interviste e comparsate nelle tv e nelle radio locali. Dobbiamo comunicare coi cittadini, dicono loro. Ma tra quelli che fanno shopping di visibilità, a sorpresa, compare anche Giovanni Favia consigliere regionale del M5S. Favia - in un'intervista a Repubblica - lo ammette candidamente e rilancia: "L'informazione non è libera e io continuerò a pagare per andare in tv". Almeno così sembra. Poi nel primo pomeriggio Favia smentisce l'intervista rilasciata al quotidiano diretto da Ezio Mauro: "La solita operazione di disinformazione di Repubblica nei nostri confronti. Noi non paghiamo nessun giornalista nè abbiamo quotidiani amici. Abbiamo acquistato degli spazi autogestiti - ha continuato il consigliere - per fare un’ora di informazione in diretta con telefonate aperte alle domande dei cittadini e la terzietà era garantita dal fatto che tutte le forze politiche vi partecipavano in regime di Par Condicio. La cosa su cui Repubblica non si interroga è come mai il Pd fosse l’unico a non pagare pur partecipando." Ma il problema rimane comunque.

Ricapitoliamo: Beppe Grillo vieta di andare in tv e i suoi, non solo infrangono l'editto catodico, ma addirittura pagano per poter apparire sul piccolo schermo. E lo fanno pure coi soldi pubblici. E la sbandierata potenza mediatica della Rete? La televisione che corrompe e deforma tutto? Ma soprattutto: la promessa di non dilapidare i soldi pubblici? Per il momento da Genova tutto tace.

Ma tutti gli occhi sono puntati sul blog di Grillo, la gazzetta ufficiale del Movimento che ha il potere di mettere alla porta chiunque non piaccia più al leader supremo.

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