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Caos sull'Imu: il Fisco è ubriaco

Non bastano le tasse più alte d’Europa. Anche pagarle è un problema: nessuno sa come calcolare la nuova imposta sulla casa. La verità è che in Italia i contribuenti sono trattati come servi

Caos sull'Imu: il Fisco è ubriaco

L’Imu si sta rivelando un gran pasticcio. È anche un caso di scuola su come il Fisco in Italia non abbia nessuna voglia di essere, per quanto si possa, amichevole con i contribuenti. Ad essere insopportabile non è solo la pressione fiscale, ma anche l’oppressione fiscale. L’Imu è un concentrato di tutti i peggiori difetti della nostra micidiale macchina amministrativo-fiscale. Come un virus multiforme, ogni giorno che passa, mostra il suo lato peggiore.

Andiamo al dunque. Per pagare l’acconto sulla nuova imposta abbiamo tempo fino a metà giugno. Tralasciamo il dettaglio per cui in Italia, sulle imposte, si pagano gli acconti e per alcune gabelle si paga talvolta in anticipo. Insomma teniamoci questo benedetto acconto. Resta un problemino: la stragrande maggioranza degli italiani non sa ancora che aliquota Imu gli spetterà. I Comuni hanno infatti la facoltà di cambiare (ovviamente alzandolo) il parametro base fissato dallo Stato. Avranno tempo fino al 30 settembre per decidere quanto bastonarci.
Ricapitoliamo. Entro metà giungo gli italiani dovranno pagare una tassa con un’aliquota che non conoscono, giacché i Comuni potranno fissarla anche dopo. Ma chi è il genio che si è inventato queste scadenze?

A un certo punto (è garantito) arriverà una proroga per i pagamenti. D’altronde come si fa a pagare qualcosa di cui non si conosce il prezzo. E si aggiungeranno scartoffie su scartoffie. Qualcuno ha infatti pensato di far pagare l’acconto su un aliquota fissa e uguale per tutta Italia e poi il «saldo a conguaglio rispetto all’aliquota che nel frattempo è stata decisa dal Comune ritardatario». È difficile scriverlo, immaginate voi a calcolarlo.
La realtà è che in Italia i contribuenti sono trattati come degli idioti, spesso da educare. Qualche anno fa un politico bene intenzionato si inventò e fece approvare lo Statuto del contribuente: è diventato carta straccia. Siamo in un Paese in cui praticamente nessuno è in grado di compilare la propria dichiarazione dei redditi. In cui perfino per pagare il superbollo sulle macchine di lusso (certo si tratta di poche migliaia di persone) si deve andare a scovare un modello (quello delle accise) diverso da quello con cui si paga normalmente il bollo. Un Paese in cui ci chiedono di pagare la tassa sulla proprietà della casa, ma non ci dicono quanto. E così andando avanti.
Non è forse chiaro al legislatore che l’oppressione fiscale in cui viviamo è quasi peggiore della pressione fiscale che ci hanno rifilato. La lotta all’evasione si sta trasformando nel minuzioso controllo del nostro stile di vita.

Oltre che al puntuale pagamento delle imposte, l’amministrazione pubblica pretende infatti di sapere ogni dettaglio della nostra vita. E ce ne chiede conto: come mai i suoi figli vanno a una scuola inglese? Perché lei nel 2011 ha fatto venti massaggi? E perché è andato due volte al blue lagoon delle Maldive? Come mai nel mese di marzo ha fatto prelievi bancomat pari a 5mila euro? Potremmo noi pretendere da chi tanto pretende di rispettare una scadenza? Per di più per fissare l’aliquota di un’imposta espropriativa come quella sulla casa? O è troppo?

Non è questo il luogo per criticare l’introduzione della nuova tassa (lo abbiamo fatto di recente proprio su queste colonne), ma per gridare l’insopportabile arroganza di un’amministrazione pubblica che ci tratta come dei minus habens. In un Paese civile se un Comune non è in grado di stabilire un’aliquota entro una ragionevole data per il suo pagamento, semplicemente perde il diritto all’aumento.

Gli enti locali non hanno intenzione di comunicare gli aumenti delle aliquote in tempo evidentemente per evitare che alle prossime elezioni amministrative vengano puniti dagli elettori. Il federalismo (osceno come concepito dall’Imu, poiché gran parte del suo gettito va direttamente nelle casse di Roma) dovrebbe proprio servire a votare i propri amministratori anche per la loro capacità di tenere sotto controllo il peso fiscale. E questi che si inventano? Prima ti fanno votare e poi decidono le aliquote. Roba da pazzi.
Un consiglio non richiesto al governo Monti. Trattasse gli enti locali come tratta noi contribuenti. Decida che se entro due settimane non fissano l’aliquota Imu, essa sarà pari a quella nazionale.

Nessun aumento. Chi pretende serietà dagli altri, come fa ad essere così indulgente con se stesso?

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