Caso Sallusti

Carcere o arresti domiciliari ore decisive per il direttore

Il giudice di sorveglianza può dare il suo verdetto a partire da oggi. Tra le ipotesi, il sì alla detenzione a casa ma con modalità rigide. Toghe scatenate sulla loro mailing list

Carcere o arresti domiciliari ore decisive per il direttore

Milano Arresti domiciliari: ma applicati nel modo più rigido possibile, con il divieto di comunicare con l'esterno e senza la possibilità, almeno inizialmente, di recarsi al lavoro. C'è anche questo scenario negli esiti possibili del caso di Alessandro Sallusti. Da questa mattina, ogni momento è buono perché il giudice di sorveglianza Guido Brambilla decida la sorte del direttore del Giornale. Le pressioni perché Brambilla rifiuti la concessione dei domiciliari, e di fatto destini Sallusti al carcere, sono intense. Però all'interno della magistratura si sta intensificando la voce di chi sostiene che il contestato provvedimento del procuratore Edmondo Bruti Liberati - che ha chiesto d'ufficio i domiciliari per Sallusti - sia in realtà tutt'altro che anomalo.
Insomma, alta tensione tra le toghe: da una parte chi vorrebbe, in nome del buon senso e della real politik, evitare il carcere a Sallusti: non per benevolenza ma per disinnescare una polemica destinata a divenire dirompente se il giornalista finisse in cella. Dall'altra chi - ed è la maggioranza della Procura di Milano - considera il trattamento proposto da Bruti Liberati un privilegio intollerabile.
In questo clima pesante, il giudice Guido Brambilla potrebbe scegliere una soluzione a metà strada: accogliere la richiesta di domiciliari, ma applicarne una versione che di fatto impedirebbe a Sallusti verrebbe impedito di continuare a dirigere il suo quotidiano. Così non verrebbe sconfessata la linea del procuratore capo Bruti Liberati: il quale, come è noto, sostiene che Sallusti può essere messo ai domiciliari anche contro la sua volontà in nome dell'interesse collettivo allo svuotamento delle carceri.

Le severe critiche che da subito sono circolate contro la presunta interpretazione ad personam si sono estese ieri alle mailing list interne alle correnti sindacali dei giudici, in particolare su quelle di sinistra. Ma si son levate anche voci autorevoli delle toghe «democratiche» a sostegno di Bruti Liberati e della sua soluzione soft. Tra le voci critiche quella di Milena Balsamo, giudice a Napoli: «Può essere molto difficile riconoscere nella decisione del procuratore capo di Milano gli ideali che ispirano o dovrebbero ispirare le correnti o aree progressiste. Dov'è finita l'eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge? Una tale decisione ha consentito ai quotidiani di destra di additarci come magistrati proni al potere, a Monti e a Napolitano». E Giacomo Rota, giudice a Milano: «Mi sono chiesto se quanto accaduto al grande Sallusti sarebbe accaduto al quisque de populo. Con la particolarità che l'ottimo Sallusti oltre a disprezzarci continuamente ed a considerarci nell a migliore delle ipotesi dei minus habentes e nella peggiore dei farabutti, non aveva richiesto né preteso alcun trattamento di favore».

Ma ecco che a difendere Bruti scende in campo una figura storica di Magistratura democratica come Franco Maisto, presidente del tribunale di Sorveglianza di Bologna: che parla di «attenta interpretazione e applicazione delle leggi» e di «conferme provenienti da altre Procure della correttezza del provvedimento, analogo a tanti altri di altre procure». Antonella Giannelli, sostituto procuratore generale a Salerno, spiega: «Io applico nei confronti di tutti i condannati a pene inferiori a diciotto mesi la sospensione finalizzata alla detenzione domiciliare anche in mancanza di istanza».

Ed infine il più famoso di tutti, Giancarlo De Cataldo, magistrato a Roma e autore di Romanzo Criminale: «Il provvedimento del procuratore è condivisibilissimo, né eccentrico né unico». Basteranno a convincere il giudice Brambilla?

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