Caso Sallusti

Iacopino: "Caro Sallusti, combattiamo i professionisti della querela"

Il presidente dell'Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, spiega la sospensione del direttore Sallusti: "Imposta dalla legge. Mai vista un'evasione con la scorta"

Iacopino: "Caro Sallusti, combattiamo i professionisti della querela"

Chiamato in causa dall'articolo sul caso Sallusti pubblicato ieri dal Giornale, il presidente dell'Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, ha voluto intervenire per ribadire la sua posizione sull'intera vicenda e la sua contrarietà alle norme in materia di diffamazione attualmente in vigore ma anche per difendere la scelta dell'Ordine della Lombardia di sospendere il nostro direttore dall'albo. A Iacopino ha risposto lo stesso Alessandro Sallusti.

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Caro Sallusti, il 6 dicembre ero al suo fianco in Tribunale a pieno titolo e con convinzione. Non ho difficoltà a dire qui che le ho anche detto, in presenza del suo difensore, l'onorevole Ignazio La Russa: «La ringrazio perché questa sua protesta ci consente di tenere accesi i riflettori su un problema che rappresenta un perenne ricatto per migliaia di giornalisti senza nome e senza mezzi, sfruttati come sono da troppi editori disinvolti». Ho anche aggiunto, rispondendo a qualche domanda di colleghi: «Sono contro la grazia a favore di Sallusti, non solo perché lui dichiara che non la chiederà, ma anche e soprattutto perché rappresenterebbe una via di fuga per una politica parolaia che non sa affrontare i problemi». Ho perfino ipotizzato che almeno per alcune forze politiche non si tratti di insipienza, ma di ben altro: la volontà di tenere i giornalisti «sotto ricatto» in vista di una campagna elettorale che è facile prevedere sarà piuttosto «vivace». E mi ero permesso di scrivere: «Sì anch'io, lo ammetto, voglio “usare Sallusti” per dare serenità ai mille e mille giornalisti che ogni giorno i professionisti della querela tentano di intimidire, per impedire loro il dovere di verità nei confronti dei cittadini». Il 1 dicembre avevo dichiarato: «L'arresto di Sallusti è una pistola alla nuca di tanti. Ho esitato a intervenire qui, perché temo possa emergere il peggio di molti: militanza, rancori personali, risentimenti professionali. Non è in discussione la gravità dell'accaduto a suo tempo né il comportamento di Renato Farina che non vedeva, non sentiva e non parlava mentre tutti gli organi di informazione facevano il conto alla rovescia sulla sentenza della Cassazione.

Qui occorrerebbe riflettere su una condanna che passa da 5.000 euro di multa a 14 mesi di reclusione. Ma anche, e soprattutto, sulla verbosità di un Parlamento che dice di voler affrontare il problema del carcere per i reati di opinione e riesce solo a produrre quella vergogna di legge che è stato costretto a buttare nella spazzatura. Sallusti con la sua scelta continua a sottolineare l'esistenza di un problema reale che riguarda migliaia di giornalisti che non hanno la sua notorietà. Per una che come Amalia De Simone non si fa intimidire, ce ne sono tanti altri che vivono per anni nell'incubo delle conseguenze, anche economiche, di una querela. È questo il primo attentato al diritto dei cittadini di avere una informazione libera, rispettosa della verità e delle persone. La polizia che entra in una redazione per un arresto è un atto di violenza che non ha precedenti. Temo già i commenti. Ma se, per una volta, riuscissimo a liberarci dalle idee politiche alle quali singolarmente abbiamo diritto forse potremmo tutti uniti reagire al disegno perverso di un Parlamento che è riuscito a mantenere una pistola puntata alla nuca di migliaia di giornalisti. Alla vigilia di una campagna elettorale che, lo si intuisce già, sarà piena di colpi sotto la cintura». Confermo tutto e il 14 dicembre non sarò nuovamente in Tribunale solo perché, come lei sa, il presidente non mi farebbe entrare, visto che mi ha cacciato dall'aula il 6 nonostante le preventive e contrarie assicurazioni.

La sua sospensione nasce da un obbligo di legge che il consiglio dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia ha rispettato. Lo avevo anticipato, conoscendo le norme, lo stesso giorno 6 al suo vicario, Nicola Porro, andando al Giornale per fare visita ai colleghi (tralascio come sono stato ricevuto assieme al consigliere nazionale Angelo Baiguini). Porro mi ha detto che eravate consapevoli del fatto che questo provvedimento era obbligato. E ha aggiunto considerazioni che, se vorrà, renderà pubbliche lui. Contrariamente a tanti, ho per gli altri, anche per quanti hanno idee diverse dalle mie, un rispetto che troppo spesso non trovo ricambiato. Me ne dolgo, ma ostinatamente continuo a seguire le regole della buona educazione. Ho capito male che già il 6 dicembre eravate consapevoli dell'ineluttabilità della sospensione tanto da aver cominciato a interrogarvi sulla firma del Giornale? Mi permetta di dubitarne. Resta il fatto che noi rispettiamo la legge esistente. Auguri per l'udienza di domani (oggi per chi legge, ndr).
ps: ho avuto modo di vedere il filmato della sua «evasione». Beh, francamente, di un'evasione con la scorta della polizia non ho mai avuto notizia in più di 40 anni di lavoro. Sì, lo so, c'è sempre una prima volta. Sarà la sua?

Enzo Iacopino
Presidente dell'Ordine dei giornalisti

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