Politica

Il Cav ai suoi: Renzi va attaccato sull'economia

Berlusconi dà la linea a Forza Italia: niente sconti al governo delle tasse

Roma - Le riforme? Avanti così. Ma è sull'economia che non va. Anzi, non ci siamo proprio. Sul fronte del nuovo Senato, Berlusconi ad Arcore dà mandato ai suoi uomini di continuare la trattativa per strappare il più possibile al Pd. Ma tra i big del partito si giura che il patto c'è e reggerà. Manca ancora l'accordo su molte questioni, come dice in chiaro Paolo Romani, capogruppo al Senato e uomo che pesa pure le virgole dei testi appena depositati in commissioni Affari costituzionali: «Tutti parlano di accordo fatto sulle riforme - mette i puntini sulle i - abbiamo fatto progressi, ma non siamo assolutamente all'ultimo metro. Rimane molto da fare». Detto questo nessuno pensa che Berlusconi voglia stracciare l'intesa: se lo facesse vorrebbe dire isolamento puro.

Il «sì» alle riforme, tuttavia, ha un prezzo elevato per gli azzurri. Lo scotto da pagare è che Renzi può intestarsi il risultato di avere finalmente sepolto il bicameralismo perfetto e far nascere di fatto la Terza Repubblica. Un bel regalo, non c'è che dire. È vero che senza i voti di Forza Italia il premier avrebbe molti grattacapi ma il senso di responsabilità del Cavaliere vince su tutto. Con un rammarico di fondo: l'aiuto al premier è un aiuto a un governo che sta facendo poco e male sul fronte dell'economia.

«Così diamo una grossa mano a un governo che non ci piace nemmeno un po' - è il ragionamento che si fa ad Arcore - E i nostri voti in Parlamento sulle riforme sono tutti voti regalati al Pd». La strategia del Cavaliere, quindi, è quella di spostare l'attenzione sui problemi economici e su quanto il governo non fa per il Paese. Manovra complicata ma necessaria: riempire al premier il serbatoio dei consensi sulle riforme e svuotarglielo sull'economia. E proprio sull'economia il Cavaliere chiede ai suoi di non far sconti. Argomenti ce ne sono a bizzeffe. La Tasi: scaricata la responsabilità sui Comuni che dovevano scegliere le aliquote, s'è di fatto rivelata un salasso. La mancia elettorale degli 80 euro, presentata dai giornaloni come un segnale di svolta sul fronte delle tasse, in realtà viene pagata da altre tasse. E ancora: aumento della tassazione sul risparmio, aumento del bollo sulle auto e sui passaporti. Insomma, il contrario di quanto servirebbe. Ossia meno tasse e meno spesa pubblica.

Anche la sbandierata semplificazione fiscale su cui sta lavorando il governo viene valutata con un'alzata di spalle. La sintesi la fa Mariastella Gelmini: «Ogni semplificazione fiscale seppur minima è positiva ma di fisco amico e di rivoluzione liberale si può parlare solo se le tasse calano». E per ora di calo delle tasse non se ne vede l'ombra. Nel dettaglio, Gelmini fa le pulci al progetto di Palazzo Chigi: «Molti interventi non sono nemmeno inediti. Pochi ricorderanno che il 730 precompilato fu sperimentato da Ciampi nel 1994 e 1995. L'esperienza fu subito abbandonata con insuccesso, mentre ora viene presentata come la novità di punta del governo».

Berlusconi alza il tiro sul governo sul capitolo tasse. Ed è convinto che alla lunga Renzi si logorerà proprio sul fronte fiscale perché «le famiglie stanno ancora male e non mangiano certo di Italicum e di Senato delle autonomie». Quindi il Cavaliere lavora alla riscossa senza abbandonare il «file» del partito. L'input è sempre il solito: svecchiare; trovare gente fresca, giovane e nuova. Considera praticamente chiuso il «caso» Fitto ma soprattutto pensa con angoscia ai prossimi passaggi giudiziari.

Con questo cruccio: «Com'è possibile che mi trattino così proprio quando sto per scrivere le regole della Terza Repubblica?», è il senso delle sue doglianze.

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