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Il Cav a Dallas congela il risiko e spinge sulla riforma del fisco

Il Cav in Texas con i due Bush, Clinton e Obama: "Trattate pure, ma l'Imu va cancellata al primo Cdm"

Il Cav a Dallas congela il risiko e spinge sulla riforma del fisco

Si arricchisce di un nuovo capitolo lo scontro giudiziario tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario. Dopo il ricorso presentato dai legali dell'ex premier, la Corte d'appello di Milano ha respinto la richiesta di sospensione dell'assegno eccetto che per il periodo maggio-settembre 2012 quando la ex moglie viveva a Macherio. Il Cavaliere dovrà quindi continuare a versare alla Lario 3 milioni di euro al mese. L'ordinanza dei giudici della sezione famiglia della Corte d'Appello, presieduti da Bianca La Monica, è stata depositata nei giorni scorsi in seguito all'udienza del 20 aprile in cui sono comparsi i legali degli ex coniugi. I giudici, nel respingere la richiesta del leader del Pdl di sospendere d'urgenza l'esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado con la quale si stabiliva che, dal maggio 2012, a Veronica Lario spettavano 3 milioni al mese di alimenti, hanno però deciso, ritoccando il provvedimento del tribunale, di far decorrere il versamento da quando, dopo l'estate di due anni fa, la ex first lady ha lasciato Villa Belvedere a Macherio. Per questo periodo la cifra dell'assegno mensile di Veronica è quella stabilita con la prima l'udienza della causa di separazione.

Il provvedimento dei giorni scorsi non è però definitivo, perchè all'inizio dell'anno prossimo il ricorso depositato qualche tempo fa da Berlusconi verrà discusso nel merito.

Il mandato che arriva via etere dall'altra parte dell'Oceano è chiaro: «Tenere fermi alcuni punti chiave, insistere soprattutto sui temi economici, ma comunque trattare». Silvio Berlusconi è appena atterrato a Dallas accompagnato da Valentino Valentini e dalla fidanzata Francesca Pascale quando al telefono con i vertici di via dell'Umiltà cerca di tirare le somme.

Il Cavaliere sa bene che il Pd al massimo è in grado di reggere un governo di larghe intese «a bassa intensità politica» e che difficilmente riuscirebbe a sopravvivere a qualcosa di più serio e strutturato. Un esecutivo con ministri Pd farebbe saltare il banco a Largo del Nazareno e di questo il premier incaricato Enrico Letta sembra essere cosciente, tanto dal voler puntare sul criterio della competenza e non su quello della rappresentanza. Un modo per dire che conta più l'esperienza che il partito d'appartenenza, così da poter più facilmente porre veti su nomi considerati indesiderati. Già, perché Berlusconi continua a voler spingere nel governo candidati che il Pd considera in qualche modo «indigeribili», un po' perché molto caratterizzati e un po' perché di specchiata fiducia. Gente come Renato Brunetta, insomma, che della pancia del Cavaliere è uno degli interpreti più autorevoli.

Ma quello a cui tiene davvero Berlusconi sono i punti del programma economico del prossimo esecutivo. Non solo l'abolizione dell'Imu nel primo Consiglio dei ministri e gli sgravi per le imprese che assumono giovani, ma pure l'impegno a presentarsi a Bruxelles con la richiesta di allentare i vincoli comunitari. È questo per il Cavaliere uno dei passaggi chiave, perché – è il senso dei suoi ragionamenti – «dobbiamo tener fede all'impegno preso con i nostri elettori in campagna elettorale». Insomma, «nessuna riedizione del governo Monti ma un esecutivo che s'impegni seriamente nel fare alcune cose, altrimenti non faremo che il gioco di Grillo come in quest'ultimo anno». Una posizione che buona parte del Pdl condivide, al punto che Augusto Minzolini va anche oltre. «Se il prossimo governo non s'impegnerà ad abolire l'Imu – dice il senatore del Pdl – è escluso che la prossima settimana io possa votare la fiducia».

Programma fiscale e ministri «pesanti», dunque, sono i due nodi chiave con cui è alle prese Enrico Letta. Un incarico, il suo, previsto in qualche modo dalla deputata del Pdl Annagrazia Calabria che sabato scorso in Transatlantico l'aveva salutato con un profetico «ciao presidente».

Una partita, quella con cui è alle prese il premier incaricato, che difficilmente si chiuderà oggi come sostiene qualcuno, visto che non è affatto scontato che Berlusconi dia il suo via libera da Dallas senza vedere le carte di persona. «Senza di me non si fa nessun governo», s'è lasciato scappare ieri mattina quando per un attimo il viaggio a Dallas è stato in dubbio. Ma l'appuntamento americano era in qualche modo inevitabile, visto che all'inaugurazione del Presidential Library ci saranno non solo i due Bush ma anche Bill Clinton, Jimmy Carter e Barak Obama. Quattro ex presidenti, insomma, e l'attuale inquilino della Casa Bianca, con il Cavaliere unico ospite italiano.

Il rientro è previsto domani sera. E solo allora si tireranno le fila del lavoro che stanno facendo i due Letta, Enrico e lo zio Gianni. Al momento, l'agitazione maggiore è sulla lista dei ministri con molti nel Pdl che stanno lì a sgomitare in cerca di una poltrona. Tra loro, però, pare non ci sia Angelino Alfano che potrebbe preferire rimanere fuori dalla partita e concentrarsi sul Pdl. Ieri mattina l'ex Guardasigilli è stato netto nel dire al Pd che o il governo che nasce «è forte e politico» oppure «a un governicchio non ci stiamo».

Una presa di posizione che Napolitano ha trovato decisamente troppo dura, tanto che il Quirinale non ha mancato di lamentarsi con Alfano per la sua «intempestività».

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