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Berlusconi sfida Letta: avanti su Imu, Iva e larghe intese

L'ex premier al lavoro per rilanciare il partito. Gli assi da giocare sono la riduzione delle tasse e le riforme

Berlusconi sfida Letta: avanti su Imu, Iva e larghe intese

«È alla bilancia». In quel di Arcore lo chiamano così l'atrio con la scrivania dove vengono appoggiate solo le cose che davvero Berlusconi legge. L'agenda, le agenzie del giorno, vari appunti e i dossier su cui il Cavaliere lavora sono tutti lì, su un fratino antico al centro del quale c'è un'enorme bilancia con due piatti.

Ed è proprio «alla bilancia» che è stato per giorni l'incartamento sul restyling del Pdl buttato giù da Verdini, Santanché (che ieri sera ha incontrato il Cavaliere) e Capezzone. Un'idea che l'ex premier ha studiato con cura e che non gli dispiace affatto, convinto com'è che sia ormai arrivato il momento di rifondare un partito che non l'ha mai entusiasmato davvero. Il punto è solo la tempistica, visto che se da una parte Berlusconi è deciso ad azzerare quanto ancora resta del Pdl dall'altra sa anche che al momento le priorità restano altre, a partire dal governo Letta. Che, lamenta in privato l'ex premier, ha iniziato a dare segni di cedimento verso le «sirene» dell'ala estrema del Pd e, in particolare, «del cosiddetto partito di Repubblica». Le prime, infatti, hanno ripreso fiato dopo il successo schiacciante di Marino a Roma, visto che il neosindaco ha sempre sbandierato con fierezza il suo «no» alle larghe intese. Il secondo, invece, dopo la kermesse fiorentina – almeno così la vede Berlusconi – sembra aver lanciato segnali chiari al governo invitandolo a prendere le distanze dal Cavaliere che «non va legittimato né come interlocutore dell'azione dell'esecutivo né come controparte di un'eventuale pacificazione». Tanto che qualcuno nel Pdl fa notare la doppia uscita del ministro dell'Economia Saccomanni che, lasciando da parte la sua proverbiale prudenza, in sole 24 ore ha polemizzato prima sull'Imu e poi sul ruolo dell'Europa.

Berlusconi, insomma, vede un Pd in agitazione, di nuovo tentato da spinte «movimentiste». Di certo, non ha gradito la presa di distanza di Letta, tanto che il Pdl è tornato alla carica sui temi economici. «L'abolizione dell'Imu e lo stop dell'Iva sono misure attese, un passo indietro sarebbe deleterio», spiega il capogruppo al Senato Schifani. La stessa linea del vicepremier Alfano che non a caso lunedì è tornato ad insistere sul punto. Un passo in più lo fa il presidente della commissione Finanze della Camera Capezzone che spera che la mozione su Equitalia approvata all'unanimità lo scorso 7 giugno possa diventare materia di un decreto entro la settimana (del testo si sta occupando il viceministro Casero).
Questi, insomma, sono i fronti su cui il Cavaliere intende affondare colpi. Soprattutto se il governo dovesse insistere nel delegittimare l'idea di larghe intese e di pacificazione nazionale, soprattutto se continuasse a prendere le distanze sull'Imu o a considerare Berlusconi un interlocutore non alla pari.

Poi, certo, «alla bilancia» c'è il dossier Pdl. L'obiettivo è passare al modello americano, dal partito degli iscritti a quello degli elettori: più internet, organizzazione tematica, consultazione degli iscritti anche per singole proposte di legge, fundraising di piccole somme in rete oltre che di cifre più consistenti da contribuenti «vip». Un restyling che dovrebbe arrivare a breve, mentre è ancora da vedere se davvero si tornerà al nome di Forza Italia.

Comunque, anche fosse, non lasciando il Pdl come bad company (cosa che aveva un senso un mese prima del voto), ma anzi prevedendo nello Statuto una clausola che impedisca sovrapposizioni e confusioni tra i due soggetti.

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