Politica

Che scandalo la Barbie si fa calva e poi trans

«A sua immagine e somiglianza». Così sarà la creazione di Philippe e David Blonde, designer newyorchesi, che lanceranno sul mercato una bambola tutta ispirata alle sembianze di David, noto transessuale. Tanto per cambiare, la bamboletta prossima alle vetrine sarà lei: Barbie. Come una piccola Minerva che viene al mondo dal cranio del suo Giove. La Barbie che porta la barba, o meglio, è costretta a radersi e a distribuire generoso fondotinta. Ma attenti a cosa c'è sotto. Qualcosa che, per qualcuno, stavolta è davvero troppo.
A polemizzare contro l'ultima trovata del giocattolo americano è Avvenire, il quotidiano cattolico, che ne parla come di un fenomeno più destinato a scandalizzare che a vendere, e chiosa una questione recentissima, sempre legata alle mille facce di Barbie: «La versione calva per non far sentire diverse le bambine malate di tumore, si era meritata elogi insospettabili. Era però inevitabile che Barbie cercasse di non far sentire diverso proprio nessuno». Numerosi campioni di Barbie senza capelli, in effetti, saranno distribuiti negli ospedali pediatrici: un modo per farsi uguali alle bambine che lottano contro il cancro. Così Barbie è finita sulla prima pagina dell'Osservatore Romano che ha apprezzato gli sforzi di Barbie di confondersi con i meno fortunati, ma l'ha incoraggiata a fare di più: a farsi bruttina, svestire i panni della privilegiata, nella vita quotidiana e nei negozi a portata di tutti. Assumendo un impegno sociale più costante e vero.
Troppo facile fare la crocerossina politically correct per poi tornare punto e accapo, ai modelli e agli splendori irraggiungibili di sempre. Barbie fa finta di crescere, insomma, ma non osa davvero. E quando osa - potremmo aggiungere oggi - si veste di pelliccia d'ermellino, lustrini aderenti alla sua silhouette sempre più perfetta, e diventa «Barbie Drag Queen», la transgender in miniatura per 125 dollari. L'abbiamo vista nera, gravida, professionista di diecimila carriere (dall'inviata di guerra alla popstar), eppure pronta a indossare scarpe da ginnastica a buon mercato e scendere dal piedistallo, per assistere animali e fondare partiti politici. Ed era il 1997 quando Mattel aveva promesso di darle forme meno «divine», di smussare quel 90-60-90 tascabile, perché diseducativo agli occhi di chi donna, un giorno, lo sarà davvero. E dopo «una vita da Barbie», tra gli yacht rosa e gli abiti Armani, arriva la stagione transgender. Perché Barbie ha davvero tentato i ruoli di tutti, ma che pesce si nasconda, in quelle piccole pozze di occhi blu, resta il mistero del secolo. Quel che è certo è che non fa niente per niente: che più che un'eterna fanciulla che fiuta il vento, è una cerbiatta attempata che fiuta il marketing. Poco lungimirante è chi continua a pensarla un articolo per l'infanzia, perché sarà pure la bambola più venduta d'America e l'amichetta più popolare del mondo: ma anche è uno strumento (studiato e costoso) delle tendenze, sempre più eclettiche e che col gioco, qualche volta, non hanno granché a che fare. E le tendenze del mondo sono uno strumento tutto smaliziato anche per lei. Dall'alto di uno scaffale dove torna sempre prezzata, si fa ricrescere i capelli, e tutt'al più abbozza i connotati di una nuova sessualità. Furbetta carente di vero coraggio.

Ma che dire?, sempre stupenda.

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