Politica

Che vergogna: lo Stato condanna chi ci difende

Tra sei giorni, se non accadranno fatti nuovi, cinque uomini dei servizi segreti italiani saranno condannati a pene assai pesanti - dagli otto ai dodici anni di carcere - dalla Corte d'appello di Milano, con l'accusa di avere aiutato dieci anni fa la Cia a sequestrare Abu Omar, un predicatore islamico già allora indagato per terrorismo. È, quella che si prepara, una sentenza senza precedenti: non solo in Italia ma nell'intero occidente alleato degli Usa, dove le renditions, ovvero i prelievi informali di terroristi, decisi da George W. Bush dopo l'11 settembre, sono avvenute con una certa frequenza, e senza che i Paesi civili e democratici ove la Cia mandava i suoi uomini si scandalizzassero.
In Italia, invece, si va verso una condanna esemplare. Poco conta, nel valutare lo scenario che si crea, l'opinione dell'uomo dello strada: che probabilmente non si duole più di tanto per la scomparsa dalla circolazione di un predicatore della jihad, di un fan della guerra santa che mina le stazioni ferroviarie e i vagoni del metrò. E poco conta anche la responsabilità individuale dei cinque 007 sotto processo, che si proclamano innocenti: assodato che l'imam fu prelevato dalla Cia, e che il Sismi fu in qualche modo informato di quanto andava preparandosi, stabilire quanto fu decisivo il contributo dei servizi italiani, e se questo fu fornito da questa o quella divisione del Sismi, è un dettaglio tecnico. Penalmente rilevante, ma non politicamente.
Il rilievo politico di quanto si prepara, e che investe direttamente il governo in carica, è un altro: ed è che l'intera vicenda del sequestro è stata coperta dal segreto di Stato dai governi Prodi, Berlusconi e Monti; e che il segreto di Stato è stato confermato dalla Corte Costituzionale, secondo cui la sicurezza dello Stato è un bene supremo. Il processo in corso a Milano è reso possibile solo da una sentenza della Cassazione che ha fatto carta straccia della decisione della Corte Costituzionale: come se il ruolo di garante delle regole democratiche della Consulta fosse sacro solo a seconda delle convenienze. Mario Monti ha finora assistito in silenzio a questo disastro, lasciando che a sbrigare il nodo fossero i suoi uomini sul fronte dell'intelligence, l'ambasciatore Massolo e il prefetto De Gennaro. Sarebbe, a questo punto, interessante sentire la sua voce.

Prima di martedì, possibilmente.

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