Politica

Chi rilascia la patente di impresentabile?

La questione del vicepresidente della Camera è lo specchio di un Pd col vizio di attribuire patenti morali. Manco fosse una chiesa

Rosi Bindi all'ingresso dell'assemblea nazionale del P
Rosi Bindi all'ingresso dell'assemblea nazionale del P

Non si è ancora capito quale sia il peccato di Daniela Santanchè. La deriva bacchettona del Pd sta ormai arrivando al non senso. E la questione del vicepresidente della Camera è lo specchio di un partito con il vizio di attribuire patenti morali, come se fosse una chiesa. È una sorta di talebanismo laico che come Bibbia o Corano usa le simpatie di Repubblica. È la storia che si ripete: il Pd che decide che qualcuno non è presentabile. Quello che si fatica a capire è perché. Visto che non ci sono motivi giudiziari alla fine tocca arrampicarsi sugli specchi. È antipatia? È troppo berlusconismo? È eccesso di presenzialismo in tv? È ostinazione nel difendere le proprie idee? È essere una donna con i tacchi? O essere una donna con le palle? Capite che queste obiezioni non reggono. È partigianeria? È rispondere a tono alle critiche? Tutti presunti difetti che non hanno impedito a Rosy Bindi di occupare la stessa poltrona. La pasionaria bianca avrà molte pecche ma nessuno ha mai considerato il suo ruolo da vicepresidente una bestemmia. La Santanchè è una tifosa? La Bindi peggio. Alla sinistra sta antipatica? Bene. A destra molta gente trova urticante la signora Boldrini, ma non è una buona ragione per battezzarla come impresentabile. Non è obbligatorio votarla. Nessun problema. Quello che però sta diventando il sintomo di una malattia è il vizio di mettere etichette. A quanto pare nel Pd e dintorni non riescono a farne a meno. Stanno arrivando al paradosso che, siccome non va bene a loro, una persona diventa eticamente inferiore, una da bannare, da marchiare, da distruggere. Il meccanismo è sempre lo stesso. È un coro che diventa infamia. È far passare una considerazione soggettiva come verità assoluta, senza dare spiegazioni. È colpire con un anatema gli avversari politici più fastidiosi o, semplicemente, meno disponibili ad abbassare la testa. Il Pd perdona solo chi sta a destra con un po' di vergogna, con il senso di colpa, per sventura. Se uno mostra tutto l'orgoglio berlusconiano va allora punito. Va raccontato come impresentabile. Anche nel Pdl ci sono parlamentari che non si amano tra di loro, o che non amano i candidati alle varie poltrone. È una questione di concorrenza politica interna. Ci sta. Non è un bene del partito, ma almeno c'è una ratio.
La questione della vicepresidenza a Montecitorio, capite, non è più politica. Non è un problema di moderazione o di larghe intese. È qualcosa di più meschino. È la demonizzazione dell'avversario scomodo. È un gruppo di sacerdoti livorosi che si arroga il diritto di scomunicare chi con troppo orgoglio difende la propria diversità. È il peccato di berlusconismo aggravato. Ma fino a che punto si può governare con politici figli di questa cultura intollerante? Come si può governare con gente che fa le larghe intese per il bene comune ma poi disprezza i suoi partner di governo? È arrivato il momento per il Pd di fare scelte non ipocrite. Adesso hanno deciso di votare scheda bianca. Ed è un'altra vigliaccheria pilatesca. Se non vogliono governare con il Pdl facciano cadere il governo Letta. È più onesto. È più dignitoso.

È più chiaro.

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