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Ciancimino blocca la distruzione delle intercettazioni Napolitano-Mancino

II ricorso del figlio del sindaco boss, rinviato a giudizio per la trattativa, ferma la decisione della Consulta. La Cassazione discuterà il 18 aprile. Prima i colloqui non potranno essere cancellati

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Si riapre il caso delle intercettazioni tra il capo dello Stato Giorgio Napolitano e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, oggetto nei mesi scorsi dello scontro istituzionale tra il Colle e la procura di Palermo. La Cassazione ha infatti calendarizzato il ricorso dei legali di Massimo Ciancimino, appena rinviato a giudizio per la trattativa Stato-mafia, e ha fissato la discussione del caso per il prossimo 18 aprile. La conseguenza immediata è che deve essere rinviata l’udienza per la distruzione delle bobine fissata dal gip di Palermo per il prossimo 13 marzo. Ma in prospettiva, qualora la Suprema corte dovesse dichiarare ammissibile il ricorso e dare ragione a Ciancimino junior, potrebbe prospettarsi un nuovo scontro istituzionale.

Torna dunque alla ribalta il caso, oggetto di uno dei più alti scontri istituzionali degli ultimi anni. Ricordiamo la vicenda. Nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia (condotta all’epoca dall’ex pm di Palermo Antonio Ingroia) il presidente Napolitano venne intercettato indirettamente perché era spiato l’ex ministro Nicola Mancino, all’epoca non ancora indagato. Il caso esplose nel giugno scorso, quando la Procura di Palermo confermò l’esistenza di quelle intercettazioni, giudicate irrilevanti ai fini dell’inchiesta. Fu il Quirinale a rivolgersi alla Consulta, sostenendo che il capo dello Stato non può essere spiato, neppure indirettamente, e che se ciò avviene i colloqui vanno distrutti. Tesi accolta in pieno dalla Corte costituzionale che nel dicembre scorso ha dato ragione al Colle, disponendo la distruzione delle bobine senza contraddittorio delle parti. L’incarico fu affidato a un gip diverso da quello davanti a cui era in corso l’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia (nel cui fascicolo, del resto, non erano nemmeno state depositate). A presentare il ricorso contro l’ordinanza che lo scorso 8 febbraio ha negato loro di ascoltare quei colloqui, i legali di uno degli indagati, Massimo Ciancimino. Nel ricorso gli avvocati Francesca Russo e Roberto D’Agostino, avevano sostenuto che il provvedimento del gup che aveva ordinato la distruzione delle intercettazioni senza contraddittorio, ledesse il diritto di difesa. Dall’ascolto delle telefonate, intercettate nell’ambito dell’indagine sulla trattativa Stato-mafia, a loro avviso potrebbero trarsi elementi utili alla difesa del loro assistito, imputato nel procedimento con le accuse di concorso in associazione mafiosa e calunnia. Ora, con la fissazione dell’udienza, affidata alla sesta sezione penale, la distruzione delle bobine viene bloccata. Quei colloqui, per il momento, non vengono distrutti.

Ed è difficile immaginare gli scenari che si possono aprire nel caso in cui il ricorso venga accolto.

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