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Napolitano deluso prepara consultazioni-lampo

Napolitano tifava per una soluzione meno traumatica. Il rottamatore potrebbe giurare lunedì

Napolitano deluso prepara consultazioni-lampo

Roma - Ottoni da lucidare, tappeti rossi da srotolare, corazzieri da mettere in allerta. Sono passati solo pochi mesi e già riapre la grande giostra nello studio alla Vetrata. Saranno consultazioni-flash, perché il copione in buona parte è scritto: via Enrico, sotto con Matteo. Ma il passo formale è obbligatorio, anche le porte girevoli hanno le loro regole. La telefonata di Letta arriva verso le sei di sera e ovviamente non coglie di sorpresa Giorgio Napolitano. Anzi, il presidente è perplesso, un pochino contrariato del triste epilogo del suo governo. Perché aspettare così tanto, si chiede, perché farsi sbertucciare e sfiduciare in diretta tv dal suo stesso partito? Eppure, se Enrico non si fosse ostinato, se non avesse tirato la corda, si poteva trovare una soluzione onorevole e «meno lacerante» di un lavacro catodico. Il premier uscente avrà un'altra notte di riflessione prima di salire sul Colle a dimettersi. E dovrà fare pure un po' di anticamera. L'appuntamento è a mezzogiorno, dopo un breve Consiglio dei ministri: alle 11 il capo dello Stato parteciperà come da programma stabilito all'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte dei Conti. Solo dopo Napolitano si occuperà della crisi.

Che farà quando Letta gli riconsegnerà ufficialmente il mandato? In teoria il presidente ha tre possibilità. La prima, conferire subito l'incarico al segretario del Pd, è politicamente improponibile. Anche la seconda però, rimandare Letta alle Camere, appare di difficile applicazione: è la soluzione più lineare dal punto di vista delle procedure e del dettato costituzionale, parlamentarizzare la crisi è pure quello che chiedono le opposizioni. Ma Enrico avrà voglia di sottoporsi a un'altra pubblica umiliazione?
Così non resta che la via tradizionale delle consultazioni. Tra sabato e domenica le delegazioni dei partiti verranno ricevute nello studio tutto stucchi e tutto arazzi alla Vetrata, nell'ala antica del Palazzo dei Papi, e Napolitano verificherà se il sindaco di Firenze ha davvero i numeri per spiccare il volo e sistemarsi a Palazzo Chigi. C'è ancora qualcosa da chiarire: il ruolo di Sel, l'atteggiamento degli alfaniani, i rapporti di forza al Senato. Una volta sistemati i pezzi, Renzi avrà il suo incarico, formerà la sua squadra e, forse, lunedì tornerà sul Colle con la lista dei ministri e per il giuramento. Vestito di scuro, stavolta. Martedì a Montecitorio il voto di fiducia. La partenza del «bimbo» fiorentino, nell'ottica del Quirinale, è incoraggiante. Al capo dello Stato, tuttora scettico per i toni e lontano anagraficamente da Matteo, è comunque piaciuto il suo discorso, soprattutto quando ha escluso di puntare al voto: «Le elezioni hanno fascino, ma non c'è ancora una legge in grado di garantire la certezza di vittoria».

E anche il patto di legislatura messo sul piatto dal sindaco offre più chance di «uscire dalla palude» e varare le riforme che il Paese aspetta.

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