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il commento 2 Quei fuoricampo Yankee su baseball e Colosseo

diJames Pallotta viene da Boston. È un americano di quelli un po' pazzi, lo afferma lui stesso dopo essersi buttato, con abito al completo, nella piscina del centro sportivo di Trigoria. Pallotta è il presidente della Roma e ha detto, in totale facoltà di intendere e di volere, che gli italiani sono razzisti. Barack Hussein Obama viene da Honolulu. È un americano di quelli che we can, «Io può» diceva Massimino presidente del calcio Catania. Barack Obama è il presidente degli Stati Uniti di America e visitando il Colosseo ha detto: «È più grande di un campo di baseball». A Pallotta suggerirei di fare un giro turistico a Miami e a chiedere notizie sulla squadra di football del Miami Dolphins, robetta di abusi sessuali, minacce e insulti alla razza. Tralascio altre aree di raffinata democrazia e integrazione. Fred Allen è stato un comico statunitense che, parlando della città natia di Pallotta, ha detto: «Sono appena tornato da Boston. È l'unica cosa da fare, se ti capita di trovarti là». Debbo ritenere che il ministro della cultura, Franceschini Dario, accompagnatore di Obama nella visita all'anfiteatro, abbia spiegato che Vespasiano, prima, e Tito, dopo, non avevano immaginato un diamante, con la prima, la seconda e la terza base ma un teatro nel quale si esibivano gladiatori e venivano mandati a morte i condannati, tipo Alcatraz o Sing Sing. Probabilmente quello del presidente Usa è un doppio gioco, forse un triplo. Chi conosce il baseball sa bene di che cosa si tratti, chi conosce il Colosseo sa anche che in America ne esistono numerosi tentativi di imitazione, così come la Cupola di San Pietro. Comunque con Pallotta e Obama abbiamo perso una grande occasione, quella di rispondere con la frase che i ragazzini della Marana rivolsero ad Alberto Sordi-Nando Meniconi: «Americà, facce Tarzan».

Bye, bye.

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