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Conti all'estero, polizze e trust: ecco come difendere la privacy

Tutti i consigli per proteggere il patrimonio dall'invadenza dell'Agenzia delle entrate. Ma oggi neanche spostando la propria residenza oltre confine si può stare tranquilli

1 È sufficiente aprire un conto corrente all'estero per ripararsi dal «Grande Fratello» fiscale?
Innanzitutto bisogna distinguere tra banche di Paesi Ue e di Paesi extra-europei. Sebbene la normativa che impone la trasmissione dei movimenti e dei saldi all'Agenzia delle Entrate sia applicabile solo in Italia, è chiaro che appoggiandosi a un istituto comunitario si è comunque soggetti alla reciprocità informativa imposta dalla direttiva europea della tassazione del risparmio. In pratica, almeno una volta all'anno le banche Ue che aprono rapporti con cittadini comunitari sono obbligate a trasmettere all'autorità del Paese di origine l'ammontare degli interessi corrisposti sui conti correnti e, nel caso, anche i proventi distribuiti dai fondi di investimenti. Ecco perché - per essere più sereni - è sempre meglio puntare su Stati con una consolidata tradizione di segreto bancario come la Svizzera.

2 Aprire un conto corrente in Svizzera (o in un altro Paese extra-Ue) consente di sentirsi definitivamente al sicuro da occhi indiscreti sul proprio patrimonio? E soprattutto ci possono essere problemi fiscali con l'esportazione di valuta?
Portare denaro all'estero non è una procedura di per sé illegittima. L'importante è mettersi in regola. Fino a 9.999,99 euro si può tranquillamente esportare il proprio contante. Da 10mila euro in su occorre dichiarare la valuta all'Agenzia delle Dogane. In attesa dell'accordo Italia-Svizzera sulla tassazione dei capitali, al momento il contribuente che volesse appoggiarsi a una banca elvetica (ma anche dell'Austria, del Lussemburgo e di San Marino) può optare per un doppio regime. Scegliere la totale trasparenza e di fatto replicare all'estero il regime italiano (l'imposta sui conti correnti è sempre al 20% e l'Agenzia delle Entrate ha meno problemi di accesso). Oppure scegliere il segreto bancario: in questo caso si paga una ritenuta del 35% che può essere portata a credito di imposta. Attenzione! In ogni caso gli attivi detenuti all'estero (inclusi gli immobili) vanno riportati nel quadro RW del modello 730: pagano un'imposta di bollo dello 0,1% e concorrono a formare il reddito. Con il rischio di ritrovarsi a pagare l'aliquota Irpef massima del 43% se determinano il superamento della soglia dei 75mila euro.

3 Per evitare di passare il confine non si può aprire un conto in Italia e poi trasferire il capitale all'estero?
Le filiali italiane di banche estere, essendo sottoposte alla vigilanza di Bankitalia, sono sottoposte al diritto italiano. In questo caso, quindi, non si farebbe altro che replicare quanto già possibile con un intermediario italiano, ossia aprire un conto estero appoggiandolo su quello già attivo in Italia. L'Agenzia delle Entrate in questo caso saprebbe già dove indagare.

4 Il vecchio metodo dello «spallone» può essere la soluzione giusta?
Affidarsi a un privato che esporti illegalmente il nostro denaro in cambio di una percentuale (generalmente il 2%) presuppone già un illecito. Se fosse scoperto, il contribuente infedele dovrebbe pagare una sanzione severa: il reddito sarebbe ricalcolato in base ai capitali detenuti all'estero, si dovrebbe pagare un multa fino al 480% in caso di omessa dichiarazione e un'altra multa per il mancato adempimento del monitoraggio fiscale. Infrangere la legge ed essere scoperti produce un danno maggiore di quello che si vorrebbe evitare in patria.

5 Portare la propria residenza all'estero o diventare cittadino straniero è uno stratagemma percorribile?
Per diventare cittadini italiani iscritti all'Aire, cioè all'anagrafe dei residenti all'estero, presuppone non solo il domicilio estero ma anche che per oltre sei mesi all'anno non si viva in Italia. Paesi confinanti come Montecarlo e la Svizzera sono abbastanza accoglienti verso chi proviene dall'Ue: l'importante è avere un alloggio fisso (possibilmente di proprietà) e disporre di garanzie bancarie o di un reddito congruo. Ugualmente accoglienti sono pure i paradisi fiscali delle isole britanniche della Manica, Panama, le Cayman e altri isolotti caraibici o oceanici.

6 Vivendo all'estero l'Agenzia delle Entrate diventa meno invadente?
No. Casi clamorosi come quello del motociclista Valentino Rossi hanno fatto scuola. Vivere fuori dall'Italia e avere casa all'estero non è più sufficiente. L'Agenzia delle Entrate valuta con molta severità la permanenza di interessi affettivi ed economici nel nostro Paese. Ad esempio, se moglie e figli mantengono la residenza in Italia - a differenza del capofamiglia - questo è già un presupposto per considerare fittizio tutto il procedimento. Allo stesso modo sono giudicate l'assunzione di cariche (o il lavoro alle dipendenze) in società italiane e l'utilizzo di carte di credito (e la movimentazione di conti correnti) nel nostro Paese. Un'altra opzione è costituire una società finanziaria in uno Stato con un fisco meno asfissiante (ad esempio Cipro) al quale conferire partecipazioni azionarie, quote di fondi e altri beni mobili e immobili.

7 La segregazione del patrimonio può essere la panacea di tutti i mali?
Se fino a poco tempo fa era sufficiente rivolgersi a una fiduciaria per «schermare» i propri beni da occhi indiscreti, con il decreto salva-Italia la situazione è cambiata radicalmente giacché anche questi rapporti sono sottoposti al monitoraggio dell'Agenzia delle Entrate. Per chi dispone di patrimoni ingenti (superiori al milione di euro) la strada della segregazione è un'ipotesi percorribile. È sufficiente costituire un Trust, cioè un istituto al quale il disponente (cioè il proprietario) intesta i propri beni affidandoli a un trustee, un fiduciario, che li amministra per conto proprio. Questo ente può essere sia di diritto italiano che estero (generalmente si preferisce il Lichtenstein oppure l'Olanda). Con il conferimento - sottoposto tuttavia al pagamento dell'imposta sulle donazioni - i beni sono protetti dai creditori e le transazioni possono avvenire in maniera riservata. Oltre alla riservatezza sui beneficiari e ai vantaggi fiscali (dipendenti soprattutto dal Paese scelto per istituire l'organismo), il Trust consente anche di disciplinare la successione evitando beghe in famiglia.

8 Ci sono proposte di tipo assicurativo per evitare l'occhio del Fisco?
Per i detentori di patrimoni superiori a 500mila euro è possibile vagliare anche investimenti alternativi come il private insurance, ossia polizze vita di diritto estero che costituiscono un altro modo di «scudare» il proprio capitale. Non essendo sottoposte alla vigilanza dell'Isvap questi contratti assicurativi - che spesso prendono la forma di unit linked (reinvestono i premi in quote di fondi; ndr) - hanno maggiori margini di manovra rispetto a quelle più tradizionali. Ovviamente anche il rischio è più elevato, ma il dato più importante è che, essendo polizze estere, fungono da sostituti di imposta e sono impignorabili e insequestrabili. L'unico problema è rappresentato dalla finalità per la quale si sottoscrivono questi contratti. Se il private insurance è scelto per garantire un patrimonio agli eredi, rappresenta una scelta da considerare rivolgendosi a un private banker oppure a un broker assicurativo.

Nel caso in cui si preveda il riscatto, si ripropone il problema di bypassare l'occhio troppo vigile dello Stato.

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