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Conti cifrati nelle carte di Gotti Tedeschi

Dai documenti dell’ex presidente dello Ior la prova di un vorticoso giro di denaro da "ripulire"

Conti cifrati nelle carte  di Gotti Tedeschi

Ettore Gotti Tedeschi non voleva consegnare quell’ingente mole di documenti che sembra poter alzare il velo sull’attività dell’Istituto per le Opere di Religione (Ior) del quale era presidente fino a pochi giorni fa. Ma il sequestro disposto, come ha spiegato il suo legale Fabio Palazzo, «dai i pm di Napoli e Roma» ha dato in mano alla magistratura carte che si dice siano esplosive. Tra queste anche i nomi degli intestatari dei cosiddetti «conti cifrati», depositi bancari la cui provenienza resta ancora top secret. Conti sospetti, perché si dice vengano usati da correntisti fino a oggi anonimi per ripulire denaro sporco. Tra questi si parla anche di un conto aperto da un ex esponente della curia di Trapani guidata fino a pochi giorni fa dal vescovo Francesco Miccichè. Si dice che la procura di Trapani sospetti che siano stati riciclati proventi illeciti all’insaputa dello stesso vescovo, proventi fatti transitare in Vaticano.

Se così fosse, se davvero i documenti di Gotti Tedeschi contengono anche questo esplosivo elenco, qualsiasi scenario può aprirsi di qui in avanti. Anche dentro lo stesso Vaticano dove, nelle scorse ore, due esponenti di peso dell’attuale leadership, il segretario del Papa Georg Gänswein e il decano del collegio cardinalizio Angelo Sodano, hanno mostrato l’intenzione di fare quadrato e di difendere non solo Benedetto XVI, ma anche il suo attuale «numero due», il segretario di stato vaticano Tarcisio Bertone. Difenderli, entrambi, certo, da quello che la Santa Sede ritiene essere un attacco indebito: l’uscita dei documenti riservati del Papa al fine di screditarlo agli occhi del mondo. E, quanto a Bertone, l’impressione è che egli oggi sia saldamente in sella alla segreteria di stato dove si trova dal luglio 2006. Oggi è così, ma domani? Tutto può succedere. Tanto che dentro le sacre mura si fa insistente quell’ipotesi già precedentemente avanzata di cambiare entro l’anno. Che sia il corso Dominique Mamberti o qualcun altro sempre della scuola diplomatica a prendere il suo posto, l’importante è ricucire le ferite, chiudere le crepe apertesi tra vecchia e nuova guardia, condurre in porto il pontificato insomma.

L’ultimo a parlare in ordine di tempo è stato, sulle colonne di Avvenire, quotidiano della conferenza episcopale italiana, il segretario del Papa Georg Gänswein. Ha parlato del governo della Chiesa, ha parlato di Ratzinger, spiegando a chiare lettere che «i rami secchi» della curia romana sono stati già recisi. Come a dire: il marcio è già fuori, dentro non c’è più. E ha detto: Benedetto XVI «nella curia ha dato nuova linfa a forme antiche e al contempo ha potato rami secchi». E ancora: «Quale servo dei servi di Dio, Benedetto XVI è d’esempio con la sua bontà, cura la collegialità fra i pastori, concentra il suo ministero sull’essenziale, in primo luogo sul rinnovamento nella fede, sul dono dell’eucaristia e sull’unità della Chiesa. Ed evidentemente, proprio grazie al rafforzamento di queste fondamenta e in virtù del lascito del suo grande predecessore è riuscito in quello che, in un lasso di tempo sembrava così breve, ben pochi credevano possibile: la rivitalizzazione della Chiesa in un tempo difficile». Del resto Ratzinger non ha mai avuto, nel proprio programma di governo, l’idea di mettere ordine nella «struttura» della Chiesa. Piuttosto, ha spiegato don Georg, di mettersi «in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia».

Prima di Gänswein è stato Sodano a prendere la parola, autorevolmente, sull’Osservatore Romano, quotidiano del Vaticano. E in un’intervista «prendere o lasciare» (il pezzo non è stato firmato, come a dire: vi mando le risposte ma anche le domande) rinsalda con il cardinale Bertone ma nello stesso tempo afferma, a chiare lettere, che «è ben comprensibile che fra personalità diverse, diverse per nazionalità, per cultura, per sensibilità sociale, esistano giudizi differenti sui vari metodi di lavoro».

Quella di Sodano sembra al momento, dunque, una tregua in attesa che qualcosa cambi, in attesa di tempi per forza di cose diversi.

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