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CONTRO / Una crociata oscurantista che vuole spegnere tutti i lumi del tabacco

L'alito pesante dello stato salutista e illiberale torna a farsi sentire sul nostro collo: è solo il primo passo verso altri giri di vite. È una battaglia di salute che diventa guerra culturale

Sono colpevole, faccio coming out. Ho la sigaretta fumante tra le dita. Prova inoppugnabile del mio tabagismo e del mio conflitto d'interessi. I recenti venti che spirano dall'Australia, rigorosamente tobacco free, hanno ricaricato gli archibugi della mai sopita crociata contro i tabagisti. Al bando le bionde, al pubblico ludibrio i fumatori. E l'alito pesante dello stato salutista e illiberale torna a farsi sentire sul nostro collo. Non è solo l'affetto materno di una Patria transgender che si è operata in Matria, ma è soprattutto la pelosa e contabile preoccupazione di uno Stato che vede nel fumatore una voce in uscita nelle spese sanitarie. Io fumo, tu fumi, lui si ammala e tutti noi paghiamo. Ragionamento perfetto, peccato che anche i giocatori amatoriali di calcetto o gli sciatori si rompano i legamenti un giorno sì e l'altro anche, ma nessuno -per fortuna - si è mai sognato di bucargli i palloni o vietargli le racchette. Per non parlare dell'alcol.

Ragionamento quasi perfetto, macchiato da quel francobollo di carta che pone la griffe del Monopolio di Stato su tutte le sigarette in circolazione. Perché lo Stato si ostina a far cassa sulla iattura del fumo? È un cane che si morde la coda: per pagare le spese sanitarie e la ricerca scientifica, direbbe il legislatore. Il circolo vizioso - in tutti i sensi - lo disinnesca Carlo Lottieri sul Giornale: accettando la statizzazione della sanità e chiudendo le porte alla mutua privata ci accolliamo anche questo totalitarismo salutista. Ora tocca ai minorenni, ai quali sarà rigorosamente vietato acquistare sigarette. Ma è solo il primo passo verso altri giri di vite.

Una battaglia di salute che diventa guerra culturale, una crociata oscurantista che si pone l'obiettivo di spegnere tutti i lumi del tabacco. Dopo aver appeso in tutti i locali i manifesti funebri del divieto, dopo aver listato a lutto i pacchetti con orride scritte menagrame ora in Australia gli hanno pure messo le mutande, per mortificare la marca e azzerare le differenze, in una sorta di comunismo del sapore. E poi toccherà a noi, perché le idee peggiori sono la miglior merce da esportazione. E allora le sigarette si sceglieranno in base alle malattie stampate a carattere cubitale al posto del logo. E già ora quando il tabaccaio ti dà un pacchetto che ti avvisa che il fumo provoca impotenza ti viene voglia di dirgli: "Scusi, me lo può cambiare con quello che invecchia la pelle? Sa, esco con una ragazza...".

Il nodo della questione non è il tabacco, ché la storia del proibizionismo insegna che ciò che è vietato continua comunque a circolare, ma un altro elemento aereo e volatile come il fumo: la libertà. Perché dopo le sigarette toccherà alle bibite gassate e ai cibi grassi e in men che non si dica ci troveremo in casa un travet ingrigito che ci infila le code della canottiera nelle mutande e ci stringe la sciarpetta al collo. Non sia mai che ci venga l'influenza.

Ma stiano attenti i legislatori: il fumo s'infila anche sotto alle porte.

E la libertà pure.

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