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Così Orlando imbavaglia il suo ministero

La circolare del titolare dell'Ambiente: "Non si parla con la stampa"

Così Orlando imbavaglia il suo ministero

Roma - «Questa amministrazione sarà una casa di vetro». Chi non ha mai sentito un sindaco, un governatore, un presidente, un assessore, un ministro fare questo proclama per vantare una spesso utopistica ambizione di trasparenza dell'ente da lui governato? Ebbene, Andrea Orlando, di professione ministro Pd dell'Ambiente, non ci prova nemmeno. Anzi, vorrebbe che il suo dicastero fosse una «casa di piombo». Zero trasparenza, nessuna fuga di notizie, i giornalisti da evitare come la peste. Alla faccia della trasparenza, della comunicazione. Ma si sa: meglio non correre rischi con quegli zozzoni dei pennivendoli.

Il giro di vite è tutto nel Codice di comportamento del personale del ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, distribuito a tutti i dipendenti di via Cristoforo Colombo. Un documento che in 18 smilzi articoletti detta le regole a cui ciascun dipendente, dal dirigente al più umile travet, deve attenersi nel suo lavoro quotidiano: vestirsi decorosamente, non accettare doni troppo onerosi, non farsi corrompere (ma va?), non dire parolacce e rivolgersi all'utenza sempre con la «terza persona singolare» (vale a dire il «lei»), non usare a sproposito i beni strumentali (guai a lanciare YouPorn sul computer del ministero), l'obbligo di aderire agli «obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti».

Ehi, qualcuno ha parlato di trasparenza? Già, perché l'articolo 10 del vademecum è esemplare del modo in cui il ministro democratico intenda i criteri di chiarezza e limpidezza propri di una pubblica amministrazione. Anzi, non li intenda. Prendete il comma 2: «I rapporti con i mezzi di informazione sugli argomenti istituzionali - si legge - sono tenuti dal ministro e dagli organi e uffici di diretta collaborazione a ciò deputati, nonché dai dipendenti espressamente incaricati. L'orientamento del ministero sulle materie di competenza è espresso mediante comunicati ufficiali». Insomma, lasciate fare alla propaganda ufficiale e non vi immischiate.

Ma c'è di peggio: al comma 3 si chiede ai dipendenti («salvo il diritto di esprimere valutazioni o diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini»), di evitare «ogni dichiarazione pubblica concernente la loro attività di servizio» e «qualsiasi altra dichiarazione che possa nuocere al prestigio e all'immagine dell'amministrazione di appartenenza». Ma soprattutto i dipendenti di via Cristoforo Colombo «non intrattengono rapporti con i mezzi di informazione in merito alle attività istituzionali del ministero» e «non sollecitano la divulgazione, in qualunque forma, di notizie inerenti all'attività dell'amministrazione». Se nonè censura preventiva questa...

Se poi qualcuno a busta paga del ministero dell'Ambiente dovesse subire gli assalti di un giornalista particolarmente insinuante, il protocollo è chiaro: lo sprovveduto ha l'obbligo di informare «tempestivamente l'ufficio incaricato dei rapporti con i mezzi di informazione per il tramite del responsabile dell'ufficio di appartenenza, nel caso in cui siano destinatari di richieste di informazione o chiarimenti da parte di organi di informazione». Roba da grande fratello. Insomma, secondo il democratico Orlando non vale il motto per cui «parlatene male purché ne parliate». Lui preferisce: «male o bene, non parlatene proprio».

E complimenti per la trasparenza.

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