Economia

"Ma cosa sta succedendo in Italia?". Pure la Grecia si preoccupa per noi

Il primo ministro Samaras è allarmato: Grecia a rischio se si diffonde l'instabilità. Lo spread di Atene è a 1.200 ma sembra scongiurata un'uscita dall'euro

"Ma cosa sta succedendo in Italia?". Pure la Grecia si preoccupa per noi

«Cosa succede in Italia?». Il premier greco Antonis Samaras ha dozzine di guai in casa sua. È alla vigilia dell'esame della troika all'operazione di buy back del debito a prezzo scontato, che ha avuto successo, ma non completamente. Il suo Paese oggi riceverà la seconda tranche di aiuti dall'Europa: 34,4 miliardi di euro per scongiurare il ritorno alla dracma. Viaggia su spread che volano intorno a quota 1.200, ma si mostra comunque preoccupato per l'Italia, tanto che decide di rompere il protocollo e di rivolgersi ai giornalisti italiani di una delegazione che comprendeva anche belgi, lettoni e irlandesi per chiedere informazioni sulla fine del governo tecnico. «Ho invitato qui il presidente del Consiglio Monti - rivela - spero di vederlo presto, anche se non sarà facile con queste turbolenze». Le ragioni della preoccupazioni non sono politiche (la querelle su Berlusconi non c'entra niente), semmai economiche. «Spero che le cose vadano bene in Italia perché noi pesiamo solo il 2,5% del Pil dell'Eurozona, la Spagna ha un maggiore peso e l'Italia un peso ancora maggiore» e l'incertezza in questi Paesi metterebbe a rischio la stabilita europea.

Il problema è che la Grecia in questo momento ha bisogno di tutto, tranne che cominci a traballare un Paese chiave dell'eurozona. Tutti i partiti concordano sul fatto che l'uscita di Atene dall'euro non sia da prendere in considerazione. La pensa così l'ultrasinistra di Syriza e persino Alba Dorata, movimento nazionalista, principale indiziato quando dalle istituzioni Ue arrivano allarmi sul populismo anti Unione. «Il ritorno alla dracma sarebbe un disastro» spiega Ilias Kasidiaris, giovane parlamentare e portavoce del partito di estrema destra. «Siamo una sinistra europea, non siamo contro l'euro», assicura Rena Dourou, parlamentare del principale partito della sinistra dopo il crollo del Pasok.
Il fatto è che il Paese dipende dalle istituzioni Ue dal Fondo monetario internazionale. Oggi arriverà l'attesissima seconda tranche degli aiuti. «Domani è un nuovo giorno per la Grecia» spiega Samaras. Il riferimento è al successo dell'operazione riacquisto del debito pubblico che era in mano a banche e fondi conclusa due giorni fa. Obiettivo raggiunto, anche se a condizioni meno vantaggiose per il governo rispetto alle attese. Il sì della troika è quasi certo anche perché è la condizione per ricevere il prestito da 34 miliardi, vitale per l'economia. La concessione degli aiuti sarà formalizzata oggi. «Servirà a ricapitalizzazione la banche - spiega il premier greco - e quindi ridare fiato all'economia dopo un periodo di asfissia da liquidità». Poi altri 9,3 miliardi serviranno a pagare «i debiti arretrati a breve termine che lo stato ha verso i greci». In sostanza i creditori verso lo Stato rientreranno in possesso dei loro soldi, mentre quelli italiani restano praticamente all'asciutto. «Restituire i soldi ai greci è una questione di equità e giustizia, ma serve anche a ridare liquidità all'economia», spiega Samaras. «È la fine della dracmofobia», assicura il premier greco, intendendo la paura dell'uscita del Paese dalla moneta unica. «È la condizione per fare ritornare investimenti nel Paese».

L'altra condizione sono le riforme strutturali: «Se prima c'era un nastro rosso a fermare gli investitori che venivano dall'estero, oggi dobbiamo stendere un tappeto rosso». Sfida non facile, che le istituzioni greche hanno preso sul serio. «Abbiamo posto le condizioni per realizzare il 70% delle riforme necessarie, fallire è un'opzione che non possiamo considerare», spiegava ne giorni scorsi una autorevole fonte ministeriale. Atene ha guadagnato più di venti posizioni nelle classifiche internazionali sulla competitività, ma il merito è quasi solo degli stipendi ridotti drasticamente. Restano da attuare riforme come quella fiscale che metta fine a una tradizione fatta di continui cambiamenti delle leggi sulle tasse e retroattività delle nuove imposte.

A quel punto la Grecia sarà pronta a candidarsi a nuova tigre europea.

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