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Creativi? Non si nasce (con la crisi) si diventa

Creativi? Non si nasce (con la crisi) si diventa

Designer si nasce ma creativi si diventa, soprattutto in tempo di crisi. Ed ecco che passata la stagione del lusso e dello sfarzo, la 53esima Fiera Internazionale del Mobile si apre premiando la creatività e 'innovazione ma senza eccessi e prodotti a costi contenuti. Non a caso il tema scelto per i 650 giovani designer under 35 presenti al Salone Satellite, nello spazio interno ai padaglioni 15-13, è: Design, Innovazione+Artigianalità. Un concetto che racchiude un bisogno, non solo dei designer, ma anche delle aziende, di reinventare prodotti che già esistono ma partendo da concetti e materiali diversi. Rigore dunque ma anche creatività e da sempre il Salone Satellite è sempre stato considerato la fucina dei talenti, nazionali e internazionali. Un esempio è fornito dalla coppia Daniele Bortotto e Giorgia Zanellato, usciti dal Salone Satellite, hanno presentato nello stand di Moroso la collezione di sedute «La Serenissima» ispirate alle passerelle che si montano quando la marea invade Venezia. L'impressione è che ci sia un riavvicinamento tra chi disegna e chi produce ma non è più, solo, l'azienda ma è l'artigiano il complice in questa nuova avventura. I designer si rivolgono ai fabbri, falegnami, sarti, ricamatori, insomma tutte quelle persone che generalmente stanno dietro le quinte dell'arredo. «Le aziende difficilmente oggi decidono di investire sui nostri progetti - spiegano le giovani designer Marita&Rita Francescon - . Il processo produttivo non parte più dall'alto ma comincia dal basso con l'autoproduzione». Sedie, tavoli, lapade, tutti oggetti ricchi di creatività, stravaganti ma soprattutto autoprodotti. Come i lavori del designer tedesco Christoph Friedrich Wagner, che ridisegna lo spazio interno di una scrivania, Play Desk, attraverso la paziente sovapposizione di una serie di pannelli di 18 millimetri, ritagliati internamenti e incollati uno sull'altro che diventano lo spazio già diviso di un cassetto. Oppure l'originale lampada dello studio Aust&Amelung di Kassel che si protrae nello spazio trattenuta ad una estremità da un contrappeso che ne bilancia l'inclinazione. Tra gli stand si legge dunque tanta innovazione, creatività e voglia di emergere per entrare a far parte della cerchia degli eletti. E qui nasce spontanea la domanda, come sarà la casa di chi si dedica a disegnare gli oggetti di cui amiamo circondarci e gli spazi che arrediamo? La risposta si trova nello spazio allestito all'interno del padiglione 9 che ospita la mostra, inaugurata ieri, «Dove vivono gli architetti» (fino al 13 aprile). Un'installazione multimediale di 1600 metri quadri dove 8 protagonisti dell'architettura mondiale raccontano il proprio stile abitativo, dialogando tra loro e con le metropoli che cambiano, mutano forma e spazio. «Mi piace pensare che con questo progetto abbiamo dischiuso le nostre abitazioni - ha spiegato l'architetto Mario Bellini, che ha ideato, per citare solo alcuni progetti, il quartiere milanese del Portello di Fiera Milano e il Tokyo Design Center in Giappone -. Credo che la cosa importante dell'abitare sia il concetto di riuso. Quando ho trovato un appartamento, quello dove vivo oggi a Milano, ho cercato di tenere le cose interessanti e di modificare le altre». Da Milano si vola Mumbai con Bijoy Jain Studio Mumbai. «Mi interessa molto l'idea di alloggio - spiega l'architetto indiano - . Al termine della giornata, la casa è il luogo che alloggia, che ospita. Ma che cosa ospita? Questa è la domanda. Ciò che mi interessa in particolare è l'inclusività, la vastità di vita che una casa può accogliere, la generosità che può dimostrare. La casa non discrimina i propri ospiti.

Anche quando decidiamo di non vivere in una casa, essa continua a essere abitata in nostra assenza».

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