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Csm tempio dei privilegi: doppio incarico al giudice

Il vicepresidente Vietti s’inventa la figura del «consigliere giuridico» e nomina una toga fuori ruolo dal 2001. Violata la legge Severino

Csm tempio dei privilegi: doppio incarico al giudice

Per i magistrati esiste an­che il «doppio fuori ruo­lo ». E succede grazie al vicepresidente del Csm, Miche­le Giuseppe Vietti, che ha istitui­to la figura di un suo personale «consigliere giuridico», sce­gliendo una toga già addetta al­l’ufficio legislativo del ministe­ro dello Sviluppo e lontana da­gli uffici giudiziari da ben 12 an­ni.

Mentre il referendum dei ra­dicali per abolire le contestate «carriere parallele» delle toghe non supera lo scoglio della Cassazione per firme in­sufficienti e il Parlamento non trova un accordo per mettere dav­vero argine al fenomeno dei 250 magistra­ti distaccati ai palazzi del pote­re, viene fuori la strana storia di Paolo Fraulini: ha vestito la to­ga per soli sette anni e dal 2001 è sempre stato fuori ruolo, in vari ministeri e istituzioni, prima di aggiungere la collaborazione al Csm: doppio fuori ruolo.

Mercoledì il plenum di Palaz­zo de’ Marescialli dovrà rinno­vargli per il 2014 l’incarico auto­rizzato nel 2010 e prorogato già due volte nel 2011 e nel 2012. È, si legge nell’ordine del giorno, «senza limiti di orario» e con «un compenso forfettario men­sile commisurato all’indennità di magistrato segretario» (poco meno di duemila euro netti), parametrato al livello di an­zianità (nel suo caso è il quarto, con stipendio ba­se di circa 4.600 netti). Non è dato sa­pere se c’è an­che un’inden­nità dal mini­stero. Come fa Fraulini a divi­dersi tra i due incarichi, o ne svolge solo uno tenendo il pie­de in due scarpe?

Sulle mailing list dei magi­strati la vicenda è stata rilancia­ta con commenti al vetriolo. C’è chi si chiede se sia giusto,in tempi di spending review , ag­giungere nuove spese al bilan­cio del Csm. Chi ironizza sul fat­to di non aver potuto concorre­re al «bando» per quel posto am­bito. Chi, leggendo il lusinghie­ro curriculum di Fraulini, si chiede sulla base di che cosa sia­no state fatte le valutazioni di professionalità. Chi parla del bell’esempio che viene dai ver­tici, ricordando che il vicepresi­dente gira in Maserati e i norma­li magistrati in seconda classe ferroviaria. Chi ricorda la famo­sa frase del marchese del Gril­lo: «Io so’io e voi...» .Insomma, circola parecchio malumore.

Il fatto è che al Csm c’è già,ol­tre ai consiglieri togati, una bel­la squadra di magistrati addet­ti: un segretario generale e il suo vice, un Ufficio Studi di sei componenti e una quindicina di magistrati segretari. Ma quando è arrivato a Palazzo de’ Marescialli Vietti ha preteso di avere un suo «consigliere giuri­dico », figura del tutto nuova, con un contratto di collabora­zione, per aiutarlo in relazioni e pareri sul funzionamento del­le attività consiliari. Nell’ordi­ne del giorno della seduta del 4 si spiega che, dato il «delicato ruolo» del vicepresidente, «la struttura di segreteria non ha la possibilità di offrire la collabo­razione tecnica necessaria» e i «magistrati addetti al Csm so­no particolarmente gravati di compiti connessi alle loro fun­zioni istituzionali».

Serviva proprio Fraulini. In lui sembra che Vietti abbia fidu­cia assoluta e così l’ha voluto malgrado fosse già fuori ruolo al ministero. Anche se è pro­prio uno di quei magistrati che ha superato da un pezzo il tetto dei 10 anni fuori ruolo, fissato dalla legge Severino e dovreb­be rientrare negli uffici som­mersi da cause arretrate. Entrato in magistratura nel 1993, Fraulini è lontano da tri­bunali o procure dal 2001: all’uf­ficio legislativo del ministero della Giustizia, poi a quello del­le Finanze, poi all’Alto Commis­sariato anti corruzione e infine al ministero dello Sviluppo. Senza soluzione di continuità. Pensare che proprio il Csm, allo scoppiare delle periodiche polemiche, ha più volte annun­ciato un severo giro di vite sui fuori ruolo. E che le sue circola­ri prevedono appunto il tetto decennale, anche se poi per su­perarlo si autorizzano le aspet­tative. O si ignora semplice­mente il divieto.

Forma e so­stanza.

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