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De Benedetti la spara: "Io, indipendente sabotato dai politici"

L'editore del giornale-partito "Repubblica" raccomanda ai figli: "Fate come me, sempre stato un pesce autonomo"

De Benedetti la spara: "Io, indipendente sabotato dai politici"

Tutto sta a intendersi sul significato della parola «indipendente». Magnifica e scivolosa. Ieri è stato Carlo De Benedetti, 79 anni, fondatore della holding Cir, a usarla per descrivere niente di meno che se stesso. «Io sono stato un pesce autonomo, il potere politico italiano mi ha sempre mal sopportato e sovente ostacolato nelle mie intenzioni. La raccomandazione che rivolgo ai miei figli è quella di mantenere e coltivare la tradizione di imprenditori liberi e indipendenti», è stato il clou del suo accorato intervento all'assemblea della Cir nel corso della quale è stata varata la nuova squadra di comando, con Rodolfo De Benedetti, suo figlio, presidente e Monica Mondardini amministratore delegato. De Benedetti senior già nel 2009 aveva abbandonato ogni incarico operativo nel gruppo (salvo la costola editoriale) e nello scorso mese di marzo ha donato ai tre figli Rodolfo, Marco ed Edoardo le quote del Cofide-Gruppo De Benedetti, che controlla la Cir, acquisita nel 1976 da Carlo quando era una piccola conceria torinese (Concerie industriali riunite) da lui trasformata in una società industriale con attività diversificate: i media (il gruppo Espresso di cui fa parte anche il quotidiano Repubblica), l'energia (Sorgenia), la sanità (Kos) e la componentistica per auto (Sogefi).

Una storia di successo dell'imprenditoria italiana, non ci sono dubbi. Ma non certo un capolavoro di indipendenza. Di De Benedetti si favoleggia da anni che sia in possesso della tessera numero 1 del Pd, particolare mai confermato ma che è sintomatico della vicinanza dell'Ingegnere al primo partito della sinistra che notoriamente ha aiutato a far nascere. Sostenere di essere autonomi da editori del giornale-partito Repubblica è poi veramente un atto di ribalderia che ci rende De Benedetti quasi simpatico.

C'è poi la storia dell'Ingegnere a parlare per lui. Nel 1976, giovane imprenditore, fu grazie all'amicizia con Umberto Agnelli, di cui era stato compagno di scuola, che visse una breve e tempestosa esperienza da amministratore delegato della Fiat. Negli anni Ottanta sfumò l'acquisizione a un prezzo vantaggioso della Sme, la costola agroalimentare dell'Iri, per la quale si era accordato con Romano Prodi, presidente del colosso pubblico. Nel 1990 De Benedetti fu poi protagonista della cosiddetta «guerra di Segrate» che lo oppose a Silvio Berlusconi nell'acquisizione delle quote Mondadori ereditate dalla famiglia Formenton e che si concluse dopo vicende assai intricate e piene di risvolti politici con la spartizione: all'Ingegnere Repubblica, l'Espresso e i quotidiani locali della Finegil, al Cavaliere Panorama e il resto della Mondadori nonché un conguaglio. Nel 1993 poi, in piena Tangentopoli, De Benedetti ammise in un memoriale consegnato al pool Mani pulite di aver pagato a funzionari delle Poste tangenti per 10 miliardi di lire per ottenere commesse per Olivetti. Arrestato, trascorse alcune ore in carcere e se la cavò con un mix di assoluzioni e prescrizioni.

Non certo la storia di «un pesce autonomo che operava nella stessa vasca con altri pesci che operavano in cordate», come ieri si è descritto l'Ingegnere, «sempre mal sopportato e spesso ostacolato» dal potere politico.

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