De Magistris fa l'eroe in toga e dimentica che il Csm lo demolì
3 Novembre 2012 - 13:21Il sindaco di Napoli torna al suo vecchio ruolo in tv per attaccare Di Pietro. Ma i suoi colleghi magistrati lo censurarono e lo trasferirono: ecco le accuse
Pochi ricordi, e un tantino confusi. L’ex toga ora infascia tricolore Luigi De Magistris, giovedì sera a Servizio Pubblico è tornata ai bei tempi, quando da pm d’assalto di Catanzaro si presentava nell’arenadi Michele Santoro come la vittima dei poteri forti, oscuri e occulti (massoneria, mafia, servizi deviati, colletti bianchi) che volevano zittirlo e strappargli le sue delicatissime inchieste puntualmente finite in flop pazzeschi. Solo che, nella fretta di buttare a mare un altro ex pm (Tonino Di Pietro) Giggino ha dimenticato di guardare nello specchietto e si è andato a schiantare contro il muro di cemento armato del Csm che lo aveva censurato trattandolo come una pezza da piedi.
Sferzanti e umilianti furono i giudizi dei colleghi della disciplinare che lo cacciarono dagli uffici di Catanzaro impedendogli di continuare a fare il lavoro d’accusa che l’aveva reso un’icona. Eppure in tv Giggino ha indossato di nuovo la toga e ha spiegato che lui era unhombre vertical osteggiato da colleghi cattivi e collusi.
A Catanzaro. Ma anche a Roma dov’è stato riconosciuto colpevole di 6 capi di incolpazione dal Csm.
Condannato perché ha mandato, per ripicca, le carte dell’inchiesta «Poseidone » alla procura di Palermo lamentandosi della revoca della delega da parte del capo del suo ufficio.
Perché con «grave e inescusabile negligenza » ha imbottito il decreto di perquisizione nei confronti dell’allora pg di Potenza coinvolto nell’indagine«Toghe lucane » con riferimenti a inchieste e procedimenti del tutto estranei al contesto investigativo, aggiungendoci di suo anche una bella storia di corna tra pm che, immancabilmente, è finita sui giornali sputtanando i due ignari poveri cristi. Perché non informava il suo superiore delle iniziative investigative che andava assumendo e che, poi, finivano in tempo reale sui giornali. Perché firmava decreti di sequestro e perquisizione sbattendosene della scadenza delle indagini preliminari. Perché gli capitava di dimenticarsi di chiedere al gip la conferma dei fermi di ben ventisei indagati. Oppure perché invece di comunicare al registro generale della Procura l’iscrizione di due indagati (il deputato Pittelli e l’ufficiale della Gdf Cretella) per la paura di una fuga di notizie, s’era inventato l’iscrizione amanuense top-secret, ovvero annotandone i nomi –senza garanzia per la durata delle indagini e per i diritti di difesa - su un foglietto di carta chiuso a chiave nel suo armadietto. Chiaro che un magistrato del genere abbia poi ispirato giudizi tranchant . Come quelli espressi dal procuratore generale, Vito D’Ambrosio,nel corso della requisitoria al Csm dove definì il collega «un magistrato che utilizza in modo arbitrario dati, in modo assolutamente non pertinenti al tema delle indagini, violando la privacy di soggetti terzi, impossibilitati a difendersi » e adotta comportamenti «sleali» verso i colleghi. Un campione di garantismo che «trascura l’osservanza dei termini, sia nelle indagini, sia in tema di libertà personale», inventandosi procedure penali creative. Che «ha un modo errato e distorto» di interpretare il suo ruolo di magistrato, concentrato com’è a«vivere la propria attività in un’ottica missionaria» piuttosto che come un«mestiere».De Magistris,continuava il pg, indica la Costituzione «come suo punto di riferimento» dimenticandosi che «i giudici sono soggetti solo alla legge». Noi magistrati, incalzava D’Ambrosio, «abbiamo poteri immensi, una capacità delegittimante enorme e potere di incidere sulla libertà personale. Ma questo è accettabile solo se c’è quel limite. E da questo punto di vista De Magistris non dà sufficienti garanzie». Finita? Macché. A detta del pg De Magistris non rappresentava certo un modello cui ispirarsi. Perché? «Adotta comportamenti sleali e provvedimenti al di fuori delle previsioni del codice; ha rapporti con i media del tutto anomali che utilizza per fare pubblicità a se stesso; trascura l’osservanza dei termini di legge» e «fa appello alla piazza». Ecco, l’altra sera forse De Magistris avrebbe potuto ripensare – lui che è sotto processo a Roma per l’accusa di aver acquisito tabulati telefonici di parlamentari senza aver prima chiesto l’autorizzazione delle Camere - a quei passaggi della requisitoria. Oppure a quanto riportato dal consiglio giudiziario di Catanzaro che avevabocciato la sua nomina a magistrato di Corte d’appello ( una promozione solitamente scontata) perché le «voci di capacità e preparazione presentano profili di evidente deficit, gravi vizi o lacune». Un pm che usa «tecniche di indagine discutibili» che sfociano in «procedimenti fondati su ipotesi accusatorie che non hanno trovato conferma » e in «attività carente dal punto di vista dell’approfondimento e della preparazione». Indagava, intercettava, sequestrava, arrestava ma alla fine i suoi procedimenti finivano archiviati, con sentenze di non luogo a procedere o in raffiche di assoluzioni. L’ex pm, ovviamente,s’è ribellato alla «condanna» e ha fatto ricorso. Ma la Cassazione lo ha respinto con imbarazzo dichiarandolo inammissibile perché presentato fuori tempo massimo. Non male per un magistrato.